terzarolo
terzaròlo (o terzeròlo; letter. terzaruòlo o terzeruòlo) s. m. [der. di terzo]. – 1. a. Nella marineria velica antica, la minore delle tre vele latine che, generalm., avevano le galee: Chi terzeruolo e artimon rintoppa (Dante); nelle prime navi medievali attrezzate con tre vele quadre alla maestra, la vela più alta, ossia la più piccola, che, in caso di forte vento, poteva essere attrezzata abbasso per sostituirne una maggiore, come vela di fortuna. Nella marineria velica attuale, ogni porzione di vela che può essere ripiegata per diminuirne la superficie e che prende, rispettivam., il nome di prima, seconda, ecc. mano di terzarolo: a tale scopo ogni vela porta da 2 a 4 file parallele di brevi cimette (matafioni) che, assicurate ad altrettante strisce di tela dette bende dei t., servono a legare il lembo di vela piegato (serrato) al pennone o al boma (la cimetta più lunga che serve per legare l’occhiello o bugna dell’estremità laterale di ogni terzarolo è detta borosa di t.): prendere, serrare i t. (prendere una mano, due mani di t.); mollare i terzaroli. b. ant. Il terzo dei vogatori in uno stesso banco, nelle galee del sec. 16°; anche, naviglio dotato di tre remi per banco. 2. Arma portatile, da fuoco a ruota, avente la canna lunga un terzo di quella dell’archibugio, usata fino a quasi tutto il 16° secolo. 3. In numismatica, moneta milanese di mistura, più spesso detta terzolo. 4. Antica unità di misura di capacità per liquidi, usata a Genova, equivalente a 60 amole, cioè a 53 litri.