tapiro
s. m. [dal port. tapir, voce di origine tupi]. – 1. Genere di mammiferi della famiglia tapiridi (lat. scient. Tapirus), con quattro specie, che vivono solitarie in terreni boscosi e umidi, nutrendosi di fogliame, piante acquatiche e frutti selvatici: hanno dimensioni comprese tra i 75 e i 120 cm alla spalla, peso tra i 220 e i 300 kg, corpo tondeggiante, groppa più alta della spalla, collo corto, testa piccola e allungata, terminante con una breve proboscide di cui fanno parte il naso e il labbro superiore, arti robusti, gli anteriori con quattro dita e i posteriori con tre, coda corta priva di ciuffo terminale, e rivestimento peloso denso e di lunghezza uniforme. I tapiri del Nuovo Mondo comprendono il t. americano o brasiliano (lat. scient. Tapirus terrestris), dell’America Merid. (Colombia, Venezuela e Brasile), lungo circa 2 m, con mantello di colore bruno uniforme e una distinta criniera nucale di corti peli, il t. di Baird (lat. scient. Tapirus bairdi), presente nelle foreste di media quota dal Messico all’Ecuador, e il t. dei monti (lat. scient. Tapirus pinchaque), diffuso sui rilievi andini fino a un’altezza di 4500 m; quelli del Vecchio Mondo sono rappresentati dal t. asiatico (Tapirus indicus), che vive nelle foreste umide della Thailandia e della penisola di Malacca, nel Borneo e a Sumatra, e presenta una caratteristica parte dorsale del tronco bianca e il resto del corpo nero, per cui viene anche chiamato t. dalla gualdrappa. 2. Nel linguaggio medico è chiamata labbra di tapiro la particolare conformazione delle labbra che sporgono e protrudono o perché tumefatte (per es., nell’edema angioneurotico) o perché prive di tono (come in alcune distrofie muscolari).