superlativo
agg. [dal lat. tardo superlativus, der. di superferre «portare in alto», part. pass. superlatus]. – 1. Altissimo, sommo, eminente: tutte queste qualità egli le possiede in grado s.; è di una bellezza, di una bontà s.; è furbo in modo s.; un frac di taglio s. (Palazzeschi). 2. a. In grammatica, grado s., o semplicem. superlativo (s. m.), categoria grammaticale mediante la quale si esprime la gradualità di un aggettivo qualitativo, di un avverbio (o anche, ma raram., di un sostantivo, con riferimento a qualche sua qualità intrinseca: per es., generalissimo, campionissimo). La categoria del superlativo (che dispone di morfemi speciali: -issimo, molto, arci-, stra- ed extra-, il più, ovvero di parole speciali, per es. ottimo, massimo) esprime il grado più alto, più intenso della qualità aggettivale, sia considerato per sé (s. assoluto, es. altissimo) sia considerato in relazione a una data classe di enti esplicita o implicita (s. relativo, es. il più alto della fila); il secondo rientra propriamente nell’insieme dei procedimenti di comparazione (v.) tra le qualità di più enti. In partic., s. enfatici o espressivi, formati per enfasi da aggettivi che non ammettono gradualità o che già per sé stessi esprimono un concetto superlativo (così primissimo, ultimissimo, stupendissimo, assurdissimo, il più acerrimo, ecc.); a questo gruppo si possono ascrivere anche alcuni superlativi di sostantivi, come padronissimo, occasionissima, ecc.; s. rafforzato, in cui si sommano due possibili forme di superlativo: ho un bruolo ... che d’ogni maniera d’erbaggio è copiosissimo molto (T. Tasso). Va qui notato che, nella formazione del superlativo relativo, l’articolo non va preposto al più se già il sostantivo cui si riferisce è preceduto dall’art. determ. (o da prep. articolata): è preferibile quindi nel grado più basso rispetto a nel grado il più basso, le cose più impensate rispetto a le cose le più impensate; la ripetizione dell’articolo è da ritenere un francesismo, oggi desueto, usato peraltro anche da Manzoni: cosa gli mancherebbe per esser l’uomo il più felice di questo mondo ...? (Pr. Sp., cap. XXIII). b. Con valore più generico, di parola o espressione che, formata o no come i superlativi grammaticali, abbia tono enfatico, esagerato, iperbolico: uno scritto, una lettera piena di espressioni s.; si rivolse a lui con molti titoli s.; quanti epiteti superlativi! ◆ Avv. superlativaménte, in modo superlativo, in sommo grado (talora in tono iron.): sei superlativamente ridicolo; è superlativamente idiota; una ragazza superlativamente bella; in tutto il mondo sono due luoghi superlativamente notabili (Sacchetti).