superare
v. tr. [dal lat. superare, der. di super «sopra»; propr. «essere al di sopra»] (io sùpero, ecc.). – 1. a. Essere superiore per dimensioni, cioè più alto, più lungo, più largo, e in genere di misura maggiore: le cime dei cipressi superano il tetto della villa; io lo supero in altezza o di statura; è così basso che non supera il metro e mezzo; s. in lunghezza, in larghezza, in ampiezza, in peso, in volume, ecc.; la scala supera di poco i due metri; essere maggiore quantitativamente: il raccolto di grano ha superato, quest’anno, il fabbisogno nazionale; andare (o essere) al di sopra di un determinato limite, oltrepassare: l’acqua del fiume ha superato di un metro la linea di guardia; in senso non materiale: è un impegno che supera le mie forze, o le mie disponibilità finanziarie; fenomeni così strani che superano la nostra capacità d’immaginazione; il successo ha superato ogni aspettativa, ogni più ottimistica previsione; e in senso temporale: ha superato da un pezzo la cinquantina. b. Riferito a persona, andare o passare oltre, cioè più in alto o più avanti: s. il muro di cinta; s. un valico, una serie di colline; superò la piazza e si diresse verso casa; con un ultimo scatto, superò per primo il traguardo; estens., attraversare: s. un fiume; superò con un salto il fossato; con sign. più particolare, s. grandi distanze, o sim., percorrerle. Con compl. oggetto di persona (o di veicolo), sorpassare: s. un avversario, gli avversarî, in una gara podistica, ciclistica, ecc.; affrettai il passo per s. il gruppo che mi precedeva; è vietato s. un altro veicolo in curva o in un incrocio. 2. fig. a. Essere superiore, cioè più bravo o valente, più capace o adatto, e in genere dimostrarsi migliore: s. uno per ingegno, per intelligenza, per capacità, cultura, dottrina; ci supera tutti in astuzia, in altezza; s. altri nell’arte; quanto a senso pratico, ci supera tutti; nel salto in lungo, supera quasi tutti i compagni. Mentre in questi esempî il verbo ha un valore statico, indica cioè una condizione abituale, permanente, in altri casi ha un valore dinamico, indicando il fatto di riuscire superiore e quindi vincere in una determinata gara o competizione, in senso proprio o fig. (cfr. la differenza tra le due espressioni mi supera in velocità e mi ha superato in velocità; il doppio valore del verbo si ha anche nei sign. del numero prec.): s. lo sfidante in un incontro di pugilato, s. la squadra avversaria per due reti a zero (frasi in cui è sinon. di vincere); s. un rivale; s. la concorrenza; con la buona volontà, ha superato tutti i suoi compagni di studio; l’allievo ha superato il maestro, è diventato più bravo, più valente di lui; iperb., s. sé stesso, dare in determinate prove un saggio delle proprie capacità maggiore di quelli, pur ottimi, dati precedentemente: è sempre stata un’eccellente interprete di Schubert, ma stasera ha superato sé stessa; anche iron.: hai sempre dimostrato di essere un mascalzone, ma questa volta hai superato te stesso. b. Affrontare, sostenere con esito positivo qualcosa di rischioso, aleatorio o comunque difficile: s. una difficoltà, un ostacolo (anche in senso concr.: il cavallo ha superato tutti gli ostacoli, in una gara ippica, li ha saltati senza inciampare); s. un pericolo, scamparlo; s. una prova, affrontarla con buon successo; s. un esame, un concorso, sostenerlo con esito positivo; s. una malattia, la crisi di una malattia (anche con compl. indeterminato: per questa volta, grazie a Dio, l’ha superata). ◆ Part. pass. superato, anche come agg., spec. in espressioni come: opinioni, dottrine, idee superate, che non hanno più credito o validità, sorpassate e sostituite da altre più valide e avanzate: una moda superata; è una teoria ormai superata; analogam., di persona, la cui opera o le cui idee non abbiano più seguito o non rispondano più alle teorie, alle idee, al gusto attuali: un filosofo, un biologo, un poeta superato; anche sostantivato: essere, sentirsi ormai un superato.