succubo
sùccubo (o sùccube) agg. e s. m. (f. -a e, rispettivam., -e) [dal lat. succŭba s. m. e f., comp. di sub- e tema di cubare «giacere», quindi propr. «chi si sottomette ad altra persona in un rapporto venereo», riferito come femm. (in Ovidio) a donna adultera, e come masch. (nel lat. tardo, in Prudenzio) al giovinetto Giacinto, amato, per la sua bellezza, da Apollo; la forma sùccube è influenzata dal francese]. – 1. agg. e s. m. Che si lascia dominare da altri, che non ha la forza e la capacità di far valere, contro le imposizioni altrui, la propria volontà e personalità (contrapp. al più raro incube): una donna succuba del marito; in quell’ufficio sono tutti s. del direttore; non conta nulla in casa, è un succubo della moglie e della suocera. 2. s. m. Essere demoniaco in forma di donna che, secondo antiche superstizioni, aveva nella notte rapporti carnali con uomini (v. incubo, n. 1).