strapiombo
strapiómbo s. m. [deverbale di strapiombare]. – 1. Lo strapiombare; conformazione di una qualsiasi struttura o superficie le cui parti superiori sporgono verso l’esterno rispetto a quelle inferiori: parete, muraglia, roccia a strapiombo; anche, la struttura o la superficie che strapiomba e, più genericam., scoscendimento, precipizio: uno s. di parecchi metri; cadere da uno s.; una ringhiera che limita uno s. sul mare (Tomasi di Lampedusa). In partic.: a. Nelle costruzioni edili, lo strapiombo delle strutture verticali può essere voluto, come per es. nelle caratteristiche facciate delle vecchie case olandesi, ma più spesso è indice di dissesto statico più o meno grave dovuto a cause varie, quali spinte impreviste o cedimento delle fondazioni (com’è il caso, per es., della torre pendente di Pisa). b. Nell’alpinismo, conformazione rocciosa che sporge dalla linea verticale della parete, limitata a singoli tratti o anche estesa per molti metri; quando è netta e decisamente aggettante, si denomina tetto; le tecniche adottabili per il suo superamento sono le stesse descritte alla voce tetto (n. 2 c). 2. Nella costruzione navale, movimento irregolare e pericoloso di una nave durante il varo, allorché, essendo l’antiscalo troppo corto mentre la nave si trova a sbalzo verso il mare, non può essere ancora sostenuta sufficientemente dall’acqua, sicché la nave ruota attorno al ciglio dello scalo, alzando la prora e abbassando la poppa, per poi tornare ad appoggiarsi violentemente sullo scalo, quando, proseguendo la discesa verso il mare, la spinta dell’acqua diventa sufficiente per sollevarla. È detto anche strapiombamento.