stimmate
stìmmate (o stìgmate; anche stìmate e ant. stìmite o stigme) s. f. pl. [dal lat. stigmăta, plur. di stigma -ătis, dal gr. στίγμα -ατος: v. stigma1]. – 1. In greco il termine indicava il marchio impresso col ferro sul bestiame in segno di proprietà, o anche su schiavi fuggitivi, spesso per punizione; nella lettera di s. Paolo ai Galati (6, 17) indica con valore fig., in contrapp. alla circoncisione giudaica, i patimenti sofferti da Paolo per Cristo, che sono i suoi «marchi» (Ego enim stigmata Domini Iesu in corpore meo porto). Nel linguaggio eccles. posteriore indica le piaghe sul corpo di Cristo in conseguenza della crocifissione (nelle mani, nei piedi e nel costato), attorno alle quali, dal medioevo, si sviluppò un culto particolare. Di qui il termine è usato nella mistica cattolica per designare il fenomeno della riproduzione – temporanea o permanente, completa o parziale – delle piaghe di Cristo (o di altre conseguenze della passione: ferite della flagellazione o della corona di spine, ecc.) nel corpo di alcuni santi. La Chiesa riconosce il fatto (in partic., le stimmate di s. Francesco), ma non lo propone a credere con sentenza dogmatica o dottrinale; la critica ha più volte sostenuto l’origine naturale (isterismo, autosuggestione, emorragia, ecc.) del fenomeno. 2. Per estens., in rapporto al sign. originario di segno, marchio: a. Nel linguaggio medico, denominazione delle caratteristiche morbose permanenti, fisiche e psichiche, proprie di certe malattie: s. isteriche, s. sifilitiche; s. professionali, alterazioni cutanee da cause meccaniche caratteristiche di determinate lavorazioni (per es., le callosità del margine esterno del mignolo negli impastatori di pane e pasticceria, le callosità ad anello da uso di forbici, nei sarti, nei tagliatori di lamiere, ecc.). b. Nell’uso letter., impronta, segno lasciati da fatti ed eventi tali da segnare profondamente: le s. della sofferenza, del vizio; Elena! Vorrei stamparvi in faccia al mondo le stimmate del mio amore! (Verga); ebbi pietà di tutte le creature su cui il dolore imprime le sue stimate (D’Annunzio). In questo sign. è usato anche il sing. masch. stigma (v. stigma1).