stemperare
(non com. stemprare) v. tr. [der. di temperare, col pref. s- (nel sign. 1)] (io stèmpero, o stèmpro, ecc.). – 1. Disciogliere mescolando in un liquido, diluire: dipingere a tempera, stemperando i colori nell’acqua; mettere in una tazza il lievito con una cucchiaiata della farina e stemperandolo con un poco del detto latte tiepido (Artusi). In senso fig., far perdere di vigore, di intensità, di efficacia: ha stemperato le sue idee in una prosa sbiadita e prolissa; il Toscano tuo parlar celeste Ognor più stempra nel sermon straniero (Foscolo). Nell’intr. pron., stemperarsi, disciogliersi: colori che si stemperano nell’acqua; il trucco attorno ai suoi occhi si è stemperato come acquerello (Andrea De Carlo); in senso fig., non com., sciogliersi, struggersi: in guisa che lo cor si stempre Di soverchia dolcezza (Petrarca); la madre, inginocchiata presso il capezzale, si stemperava in lacrime, in singhiozzi (Invernizio). 2. a. Far perdere la tempera (o tempra) a un metallo (anche intr. pron., stemperarsi, perdere la tempera). b. non com. Far perdere la punta a un oggetto, spuntare: mi ha stemperato il pennino; nell’intr. pron., perdere la punta: mi si è stemperata la matita. c. fig. Svigorire, avvilire: Donna, perché sì lo stempre? (Dante), perché lo mortifichi con le tue parole? ◆ Part. pass. stemperato, anche come agg.: aggiungere un po’ di colore, stemperato in acqua; un colore seppia appena stemperato (Mario Tobino); e in senso fig.: poche idee stemperate in un lungo discorso.