spurgo
s. m. [der. di spurgare] (pl. -ghi). – 1. a. L’azione, l’operazione di spurgare, il fatto di venire spurgato: pratiche mediche per lo s. dei bronchi; provvedere allo s. periodico di un canale, delle fogne; tenere, lasciare le lumache a spurgo per qualche giorno, prima di cucinarle. b. Con sign. concreto, la materia, il materiale che si spurga: esaminare, analizzare gli s. di un malato, come catarro espettorato o prelevato; smaltire gli s. delle fogne, delle latrine, di un canale di scarico. In alcune cave di marmo, era prevista la servitù di spurgo, che consentiva al concessionario della cava di gettare i residui della lavorazione su terreno altrui quando la concessione della cava non comprendesse la disponibilità di un luogo proprio nel quale scaricarli. 2. Con accezioni tecniche partic.: a. In tecnologia chimica, la frazione della corrente di riciclo dei reagenti non convertiti che viene allontanata dall’impianto per evitare che l’accumulo di materiali inerti talora contenuti nella corrente di alimentazione (per es., argo nella sintesi dell’ammoniaca) o provenienti da reazioni secondarie (per es., anidride carbonica negli impianti di produzione dell’ossido di etilene) possa diminuire le effettive concentrazioni dei reagenti. Analogam., nella depurazione biologica dei liquami, la corrente di fanghi che viene allontanata dall’impianto di trattamento (con prelievo dalla corrente di ricircolazione dei fanghi o direttamente dai reattori biologici). b. Nel linguaggio marin., nome generico delle valvole che servono a scaricare vapore, acqua, ecc., da una macchina o da una cassa, e del materiale da esse scaricato; cassa spurghi, quella dove tali materie si raccolgono. c. fig. Nel commercio librario, spurghi, opuscoli o libri di nessun valore, scartati dalle librerie, messi in vendita sui muriccioli o sulle bancarelle.