sprecopoli
(Sprecopoli), s. f. inv. Scandalo suscitato dal malcostume di sperperare il denaro pubblico. ◆ Possiamo chiamarla «Sprecopoli», come fa Giampaolo Pansa, o semplicemente enumerarlo come l’ennesimo scandalo italiano. Ma quanto emerge dalle inchieste incrociate di alcuni mezzi d’informazione (su tutti, «Libero», che ha dato il via a una serie giunta ora all’undicesima puntata, seguito poi da «il Giornale» e successivamente dall’«Unità») sulla dimensione e la diffusione delle consulenze dorate e degli sprechi commessi dagli amministratori degli enti locali di tutta Italia è per lo meno sconvolgente. (Giorgio Ferrari, Avvenire, 15 agosto 2004, p. 2, Seconda pagina) • La politica, concludono [Nicola Porro e Mario Cervi], nonostante gli annunci non sembra avere nessuna voglia di riformare se stessa, di autoregolarsi. Inutile fare previsioni, perché paradossalmente l’unico limite è posto dall’eccesso. La storia di «Sprecopoli» non è destinata a finire. (Umberto Mancini, Messaggero, 24 novembre 2007, p. 27, Cultura & Spettacoli) • [Gabriella] Carlucci chiude i conti con Marcello Foti, direttore generale del Centro sperimentale di cinematografia. Lei aveva accusato il Centro su «Il riformista» di «sprecopoli culturale». Peccato che il presidente sia Francesco Alberoni, quota certo non centrosinistra (oggi apparirà una risposta, sempre su «Il riformista»). Protesta Foti: «Abbiamo molti impegni, siamo anche l’archivio storico del cinema italiano». (Paolo Conti, Corriere della sera, 24 aprile 2008, p. 9, Primo piano).
Composto dal s. m. spreco con l’aggiunta del confisso -poli2.
Già attestato nella Repubblica del 17 dicembre 1992, p. 20 (Giovanni Maria Bellu).
V. anche stipendiopoli.