spicciare1
spicciare1 v. tr. e intr. [dal fr. ant. despeechier, fr. mod. dépêcher; cfr. spacciare] (io spìccio, ecc.). – 1. tr. a. Sbrigare, portare a termine con sveltezza: s. un lavoro, un incarico; si accinse a s. le lettere sue e quelle che indispensabilmente dovea in quel giorno ... mandar alla corte (Casanova). In usi region., sbrigare le faccende di casa, rassettare, riordinare: s. le camere da letto, la cucina; anche assol.: dentro quelle specie di stanze si vedevano le brande e i lettucci appena fatti, perché le donne con tutti quei figli avevano tempo di s. un po’ soltanto il dopopranzo (Pasolini). b. Con riferimento a persona, renderla libera e lasciarla andare facendole o fornendole quello per cui era venuta o era stata trattenuta (spec. in uffici o negozî): guardi di spicciarmi, ho fretta; se mi dà due minuti di tempo, la spiccio subito; con codeste buone disposizioni, in due parole siete spicciato, e lasciato in libertà (Manzoni). c. Nell’intr. pron., spicciarsi di qualcuno, non com., liberarsene togliendosi d’impiccio: egli se ne spicciava col non accorgersi di nulla (I. Nievo). d. Più com. l’intr. pron. assol., spicciarsi, sbrigarsi, affrettarsi: spìcciati, spicciàmoci, è tardi; se non ti spicci (o, più esplicitamente: se non ti spicci a vestirti, a uscire di casa, ecc.) perderai il treno; cerco di farle capire timidamente che sarebbe ora di spicciarsi (Achille Campanile). 2. intr. (aus. essere) a. Riferito a liquidi, sgorgare, uscire con forza: il vino spicciava frizzando dalla cannella della botte; Giacque gran pezzo il giovine Medoro, Spicciando il sangue da sì larga vena (Ariosto). b. ant. Spiccare un salto: com’elli ’ncontra Ch’una rana rimane e l’altra spiccia (Dante).