sorridere
sorrìdere v. intr. e tr. [lat. subridēre, comp. di sub «sotto, di sotto» e ridēre «ridere», con mutamento di coniugazione] (coniug. come ridere). – 1. intr. (aus. avere) a. Ridere lievemente, a fior di labbra: s. dolcemente, malinconicamente, tristemente, maliziosamente, ironicamente; sorrideva di imbarazzo, mio padre, mentre nel sogno di questa notte mi guardava negli occhi (Michele Mari); dire una frase, rispondere, accogliere sorridendo; sorrise incredulo; sorrido della tua ingenuità. b. fig. Avere un aspetto piacevole, lieto e confortante; esprimere, infondere gioia e serenità: la luna sorrideva nel cielo terso; la campagna sorride nel sole primaverile; Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride Per li poggi e le ville (Leopardi); la vita, l’avvenire sorride a chi è giovane; Deh come tutto sorridea quel dolce Mattin d’aprile, quando usciva il biondo Imperatore, con la bella donna, A navigare (Carducci). c. Con compl. di termine, piacere, andare a genio, soddisfare: mi sorride proprio l’idea, o la prospettiva, di una settimana in montagna; più spesso, nel linguaggio colloquiale, in frasi negative: l’idea di rimettermi in viaggio non mi sorride affatto; la prospettiva di passare l’estate in città non mi sorrideva proprio. 2. tr., poet. a. Con compl. dell’oggetto interno: Sorrise il buon Tancredi un cotal riso Di sdegno (T. Tasso). b. Esprimere, dire sorridendo: S’io fui del primo dubbio disvestito Per le sorrise parolette brevi, Dentro ad un nuovo più fu’ inretito (Dante). c. Rendere lieto, piacevole alla vista (in costruzione passiva): [palude] da sì dense Famiglie di vivaci erbe sorrisa (Aleardi). ◆ Part. pres. sorridènte, anche come agg. (v. la voce).