sorite1
sorite1 s. m. [dal lat. sorites, gr. σωρείτης o σωρίτης, der. di σωρός «mucchio, cumulo»]. – 1. Termine usato dallo scrittore greco Diogene Laerzio (3° sec. d. C.) per indicare una delle argomentazioni sofistiche (nota anche come sofisma del mucchio o dell’acervo) da lui attribuite a Eubulide di Mileto (e da Aristotele invece, sia pure in altra forma, a Zenone), che fu poi largamente usata dagli scettici greci per dimostrare l’impossibilità di distinguere il vero dal falso. Il modo più comune con cui essa era formulata è il seguente: il primo granello non costituisce mucchio, il secondo neppure, ecc.; per cui, o il mucchio non si costituisce mai o, se si ammette che si costituisce per l’aggiunta di un dato granello, si deve concludere che è stato quel solo granello a far essere il mucchio. 2. Nell’accezione etimologica, il termine (propriam. soriticus syllogismus) fu poi ripreso dallo scrittore latino C. Mario Vittorio (4° sec.) per indicare una forma di sillogismo composto non di due ma di più premesse (costituendo così, di fatto, un «cumulo» di sillogismi in cui sono eliminate tutte le conclusioni e le premesse minori), disposte in modo che il predicato della prima premessa è assunto come soggetto della seconda, e così via fino alla conclusione, in cui il soggetto della prima premessa si unisce al predicato dell’ultima (A è B, B è C, C è D, quindi A è D); è detto, questo, s. regressivo (o anche, impropriam., aristotelico). Al filosofo ted. R. Goclenio (1547-1628) si deve una forma inversa (s. progressivo o goclenico), in cui il soggetto della prima premessa è assunto come predicato della seconda, e così via fino alla conclusione, nella quale il soggetto dell’ultima premessa si unisce al predicato della prima (C è D, B è C, A è B, quindi A è D).