soldo
sòldo s. m. [lat. tardo sŏldus, per sŏlĭdus (sottint. nummus), nome di una moneta d’oro del tardo Impero romano (v. solido2); propriam. «intero, fatto tutto dello stesso materiale»]. – 1. a. Antica moneta europea (soldo d’oro) in uso tra Goti, Franchi e Longobardi, derivante, tramite la frazione del tremisse, dal solido (v.) del Basso Impero. Nell’età carolingia il soldo fu poi la ventesima parte della lira ideale, diventando moneta reale quando il denaro, diminuendo di peso per l’accrescersi del valore dell’argento, rese opportuna la creazione di una moneta più grossa, cioè il denaro grosso del valore di 12 denari o ventesimo della lira; ma la suddivisione duodecimale fu presto sostituita da quella decimale, particolarmente in uso negli Stati della Chiesa (scudo di 10 paoli o 100 baiocchi) e in Toscana (scudo di 10 paoli). Attraverso numerose trasformazioni (soldino, quando l’argento aumentò di valore e il soldo ebbe esigue proporzioni; soldone, spec. a Venezia, quando, sostituendosi all’argento il rame, o la lega, la moneta divenne più grossa), il soldo fu in Italia, sino all’inizio della seconda guerra mondiale, la moneta di rame da 5 centesimi (e soldone la moneta di rame da 10 centesimi). b. Con riferimento allo scarso valore che ha avuto il soldo nelle varie epoche, hanno avuto origine le espressioni comuni: roba da pochi s., che non vale un s., di poco o nessun valore; una casa in rovina, per cui non darei un s. (anche di persona: è un uomo per cui non darei un s., di cui non ho nessuna stima, che ai miei occhi non vale nulla); non ha un s., non ha nemmeno un s., è senza un s., e sim., di persona assai povera; inoltre, non guadagna un s.; è inutile che insisti, non avrai un s. da me; è morto senza lasciare un s. a nessuno; a soldo a soldo, un soldo dopo l’altro (in frasi come a s. a s. ha speso tutto quello che aveva; ha messo insieme a s. a s. un bel gruzoletto); alto quanto un s. di cacio, scherz., di un bambino o di persona assai piccoli di statura. Frequente anche l’espressione quattro s., poco denaro, in alcune frasi tipiche: si dà tante arie per quei quattro s. che ha; crede di avermi comperato, per quei quattro s. che mi passa ogni mese; ha speso quei quattro s. che aveva da parte,; anche fig., nella locuz. da quattro soldi, usata in funzione attributiva: un poeta da quattro soldi, che non vale nulla. 2. In queste ultime frasi, e in altre, spec. quando è usato al plur., significa anche genericam. denaro: è pieno di soldi; ha sempre bisogno di soldi; e i s. dove li trovo?; hai portato con te i s.?; costa troppi s.; ha qualche s. da parte; con i s. si arriva dovunque, ecc. 3. ant. Paga, stipendio, e in partic. la paga militare: riscuotere il s.; essere al s. di ..., militare o essere al suo servizio; tenere al s., al proprio servizio, alle proprie dipendenze; mezzo s., mezza paga (tenere, mettere, essere a mezzo s.). Per estens., il servizio militare stesso, la milizia (e talora anche qualsiasi servizio stipendiato): facendo pace fra voi, credo che sia il meglio, innanzi che tu ti voglia mettere a partito con un uomo di soldo (Sacchetti), con un soldato; simili disordini non nascono da altro che da essere stati uomini che usavano lo esercizio del s. per loro propria arte (Machiavelli). 4. Antica unità di misura di lunghezza in uso a Firenze prima dell’adozione del sistema metrico decimale; era la ventesima parte del braccio fiorentino, equivaleva cioè a circa 3 cm. ◆ Dim. soldino (v.); dim. scherz. o spreg. solderèllo, soldarèllo; accr. soldóne (v.); pegg. soldàccio.