smaltire
v. tr. [dal germ. *smaltjan «rendere liquido, fluido», cfr. il ted. schmelzen «struggere, fondere»] (io smaltisco, tu smaltisci, ecc.). – 1. a. Digerire completamente ciò che si è ingerito: s. il cibo; sono alimenti pesanti, difficili da smaltire (o da smaltirsi); s. il vino, e per estens. s. la sbornia, farsene passare gli effetti, uscire dallo stato di ubriachezza. b. In usi fig., far passare, fare sbollire: s. una cotta, un’infatuazione; s. l’ira, la rabbia, la bile; meno com., mandare giù, ingoiare, sopportare senza poter reagire: non riuscire a s. un’ingiuria, un’offesa, un torto; con sign. più generico, consumare: qui costui si lasci, Qui lui solo a smaltir la sua ricchezza (V. Monti). 2. a. Di acque, farle defluire, farle scorrere via: canali di scolo per s. le acque d’infiltrazione. Fig., con riferimento a persone: giunta la sbirraglia, fece smaltir la folla (Manzoni). b. Nel commercio, esitare, smerciare, riuscire a vendere: s. le rimanenze di magazzino; anche nell’intr., con sign. passivo: sono tre dì che la novella è uscita, e l’edizione è quasi tutta smaltita (Rovani); non com., smaltire per, far passare per: si vergognano smaltirlo per mercatantia venuta da Atene (Vico). c. Per estens., nel linguaggio com. e burocr., svolgere, portare a termine una certa quantità di lavoro: s. le pratiche d’ufficio; non ho fatto in tempo a s. tutta la corrispondenza.