smagare
v. tr. [lat. tardo exmagare «perdere le forze», der. del germ. *magan «avere forza, potere»] (io smago, tu smaghi, ecc.). – 1. ant. a. Sminuire, indebolire: la vostra onestà ... la quale non che i ragionamenti sollazzevoli ma il terrore della morte non credo che potesse s. (Boccaccio). b. Distogliere da qualche cosa, distrarre da ciò che si sta facendo o che si deve fare: E m’hai smagato dalla nostra chiesa (F. M. Martini); più frequente come intr. pron., distogliersi, sviarsi: Non vo’ però, lettor, che tu ti smaghi Di buon proponimento (Dante); turbarsi, smarrirsi, perdersi d’animo: per questo non si smagò, ma prese cuore d’abbattergli (M. Villani). 2. letter. Disincantare: vi sono tappeti di velluto, pareti dipinte di nero, ma siamo subito delusi e smagati dalle zuccheriere sui tavoli (N. Ginzburg); nell’intr. pron., disincantarsi, uscire da un’illusione: dopo quella esperienza si è finalmente smagato; non nego che alcuni Siciliani trasportati fuori dall’isola possano riuscire a smagarsi (Tomasi di Lampedusa). ◆ Part. pass. smagato, anche come agg.: avvegna che li occhi miei confusi Fossero alquanto, e l’animo smagato (Dante), smarrito; Seco ha ’l meo core, e’ miei occhi smagati [= indeboliti] Rimasi son de la lor luce scuri (Cino da Pistoia). Nell’uso letter. contemporaneo, la parola è stata ripresa talvolta, con sign. vicino a quello dantesco, per indicare uno stato di astrazione dalla realtà: una smagata malinconia; l’animo e le convinzioni dell’onesta mugnaia sedevano su fondamenti più saldi e più sinceri che non sia il passionato e smagato incanto della fortuna (Bacchelli); le anime ... s’arrestano smagate alla dolcezza del canto di Casella (Flora); altre volte invece, come già il verbo nel n. 2, con sign. opposto, affine a disincantato (quasi «liberato da una magia»): un senso smagato della vita.