simbolo
sìmbolo s. m. [dal lat. symbŏlus e symbŏlum, gr. σύμβολον «accostamento», «segno di riconoscimento», «simbolo», der. di συμβάλλω «mettere insieme, far coincidere» (comp. di σύν «insieme» e βάλλω «gettare»)]. – 1. Nell’uso degli antichi Greci, mezzo di riconoscimento, di controllo e sim., costituito da ognuna delle due parti ottenute spezzando irregolarmente in due un oggetto (per es., un pezzo di legno), che i discendenti di famiglie diverse conservavano come segno di reciproca amicizia. 2. fig. a. Qualsiasi elemento (segno, gesto, oggetto, animale, persona) atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile, ma capace di evocarla attraverso qualcuno degli aspetti che caratterizzano l’elemento stesso, il quale viene pertanto assunto a evocare in partic. entità astratte, di difficile espressione: il focolare è s. della famiglia; la palma è s. del martirio; la volpe è s. dell’astuzia, il leone della forza, il cane della fedeltà, la colomba della pace; in Dante, Ulisse diventa il s. dell’ansia di conoscenza; eroe, personaggio che assurge a s., che assume valore di s., elevato a s. (di una nazione, di un’idea, di un carattere, di una tendenza, ecc.). Con riferimento a città, stati, movimenti, partiti e sim., segno distintivo e rappresentativo: il giglio è il s. di Firenze; la croce è il s. del cristianesimo; il panda è il s. della fondazione WWF. b. Nella scienza giuridica, ognuna di quelle formalità rituali che, spec. nelle civiltà più primitive, servono a costituire la celebrazione dei negozî giuridici. Analogam., con riferimento a fenomeni religiosi e culturali, ogni funzione rituale la cui realtà è sentita dai fedeli come simbolica dell’arcano essere divino. c. In psicanalisi, la rappresentazione figurata di un contenuto (desiderio, conflitto, ecc.) inconscio e latente. d. In semiologia, secondo la terminologia di Ch. S. Peirce (1839-1914), segno il cui significante è in rapporto puramente convenzionale con la cosa significata, alla quale si collega in virtù di una regola costante, e in genere nota e accettata dai più (per es., la bilancia come simbolo della giustizia), a differenza delle icone che hanno rapporto di somiglianza con la realtà esterna, e degli indici che sono con questa in rapporto reale o di «contiguità». 3. Segno grafico, lettera o gruppo di lettere, assunti per convenzione in varie discipline a indicare determinati elementi, enti, grandezze, strumenti, operazioni e sim.: π è il s. matematico che indica il rapporto fra la lunghezza di una circonferenza e la lunghezza del diametro. In partic.: a. In cartografia, ciascuno dei segni convenzionali usati per rappresentare su una carta topografica, geografica, ecc., gli elementi naturali (monti, laghi, fiumi) o antropici (case, ponti, città), generalm. riportati e spiegati in apposita leggenda. b. In chimica, notazione di un elemento chimico formata di solito dalla prima lettera, eventualmente seguita da un’altra, del suo nome latino o latinizzato (come, per es., Cu, simbolo del rame, detto in latino cuprum). Hanno valore simbolico anche molti altri segni usati nella notazione di reazioni o in formule di struttura. Così, in partic., + in alto a destra del simbolo di un elemento o di un radicale indica che esso risulta elettricamente positivo, cioè è un catione, e con due o più segni + o, meglio, con 2+, 3+, ecc., si indicano più cariche positive; analogam. il segno − indica cariche negative. Il segno − posto tra due elementi indica l’esistenza di un legame semplice; il segno = l’esistenza di un legame doppio, ≡ triplo, come, per es., in CH3−CH2−CH3, CH2=CH2, CH≡CH, formule di struttura, rispettivam., del propano, dell’etilene e dell’acetilene. Il segno → indica il senso nel quale avviene una reazione, →s indica che la reazione può procedere sia verso destra sia verso sinistra, cioè che è reversibile e che si stabilisce un equilibrio tra i componenti del sistema reagente. Per le lettere greche α, β, γ, ecc., usate come simboli, v. i singoli nomi con cui sono chiamate: alfa, beta, gamma, ecc. c. In cristallografia, s. cristallografici, l’insieme degli indici che permettono di determinare la posizione della faccia di un cristallo oppure la sua forma semplice: così, nel sistema monometrico, i simboli delle facce del cubo saranno (100), (010), ecc., mentre la forma avrà per simbolo {100}. d. In informatica, carattere o insieme di caratteri che rappresenta per convenzione una quantità, un dato, un’istruzione, un’operazione o un processo. S. d’informazione o di controllo, lo stesso che cifra d’informazione o di controllo (v. cifra, n. 4). e. In logica, s. logico, segno usato per rappresentare un operatore logico (negazione, congiunzione, disgiunzione, quantificatore universale, ecc.). f. In musica, ciascuno dei segni convenzionali (per es., chiavi, pause) indicanti toni, valori, interruzioni di suoni, ripetizioni e sim. 4. a. Nelle religioni misteriche, la formula che, come motto, serviva di riconoscimento tra gli iniziati. b. Nella religione cristiana, il compendio delle fondamentali verità di fede che il candidato al battesimo (o, in sua vece, il padrino o la madrina) deve recitare come segno e manifestazione della propria fede e che deve sempre osservare come norma universale di vita: s. apostolico, quello recitato dal battezzando nei primi tempi della Chiesa, così detto perché si credeva composto dai dodici apostoli; s. atanasiano (o Quicumque, dalla prima parola), così detto perché attribuito per molto tempo a s. Atanasio, conservato ormai solo nell’ufficio divino; s. niceno-costantinopolitano, il simbolo più complesso, cioè il Credo recitato nella messa, risalente indirettamente ai simboli dei concilî di Nicea (325) e di Costantinopoli (380).