sfumato
agg. e s. m. [part. pass. di sfumare]. – 1. agg. a. Svanito, dissolto, perduto: speranze, occasioni sfumate. b. Di colore, che passa gradatamente da un tono all’altro, senza stacco: tinte s.; blu s. di azzurro; anche di figure disegnate o dipinte in modo tale che i contorni non risultino chiaramente distinti: un’immagine s.; paesaggio sfumato. Per estens., in musica, note s., poco marcate, che passano gradatamente dall’una all’altra (e anche, nel linguaggio letter., pagina s., stile s., e sim.); come didascalia musicale, prescrive un’esecuzione evanescente, dai tratti poco decisi. c. Per estens., con riferimento a tutto ciò che manca di precisione nei contorni, che appare quasi indistinto: traspariva, come da un fitto velo, la spera del sole, pallida, che spargeva intorno a sé un barlume fioco e s. (Manzoni). In matematica, è talora usato per rendere l’ingl. fuzzy (v.). 2. s. m. a. Procedimento chiaroscurale usato in pittura per la prima volta da Leonardo da Vinci, così detto per distinguerlo dal vero e proprio chiaroscuro usato dai pittori fiorentini del Rinascimento, il quale serve a definire plasticamente la forma, mentre lo sfumato leonardesco annulla la linea di contorno e attenua il risalto plastico, per ottenere la maggiore compenetrazione tra figura e atmosfera. b. Tessuto di varî colori che sfumano l’uno nell’altro. c. In fotografia, lo stesso che effetto flou.