sfuggire
v. tr. e intr. [der. di fuggire, col pref. s- (nel sign. 3); cfr. lat. effugĕre, comp. di ex- e fugĕre «fuggire»] (coniug. come fuggire). – 1. tr. Evitare, scansare un danno o un rischio, una cosa o una persona non gradita o spiacevole: s. i pericoli; s. le discussioni, le liti; s. le cerimonie, la pubblicità; è un uomo invidioso e poco sincero e tutti lo sfuggono. Come sinon. di evitare, anche seguito da un infinito con la prep. di: se ci riesco, sfuggo d’incontrarlo; parlando pianissimo e sfuggendo di guardarmi (Pirandello). 2. intr. (aus. essere) a. Con riferimento a persone, riuscire a evitare una punizione, a eludere ricerche e controlli, o sottrarsi a una sorte: s. all’arresto, alla cattura; s. alla polizia; nessuno può s. al proprio destino; scampare a un grave danno o rischio: s. alla morte, alla strage. b. Con riferimento a cose, cadere, scivolare, mettersi in moto all’improvviso e inavvertitamente: mi è sfuggito il coltello di mano e mi sono ferito al ginocchio; è scivolato con il fucile e gli è sfuggito un colpo; per estens., riferito a cose astratte: nell’ira, mi è sfuggita qualche parola un po’ forte; scrive abbastanza bene, ma ogni tanto gli sfugge qualche errore di ortografia; si è lasciato s. un’ottima occasione. c. Passare inosservato, inavvertito: è dotato di un grande spirito di osservazione, e non gli sfugge nulla; m’era sfuggito che ieri era il suo compleanno; non venire in mente: conosco perfettamente quello scrittore, o ricordo benissimo quella persona, ma ora mi sfugge il nome. 3. intr. In qualche caso, sfuggire, o s. all’indietro, digradare, abbassarsi o rimpiccolire progressivamente (con questa accezione, soprattutto nel part. pres.: v. oltre). Nel linguaggio della critica d’arte del passato, riferito a figure della pittura e del disegno, digradare in prospettiva, riducendosi contemporaneamente di grandezza e per intensità di colore. ◆ Part. pres. sfuggènte, anche come agg. (v. la voce).