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sèṡamo

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sesamo


sèṡamo s. m. [lat. sēsămum, dal gr. σήσαμον, voce di origine orientale]. – 1. a. Erba annua (Sesamum indicum), appartenente al genere omonimo della famiglia pedaliacee, originaria dell’Asia tropicale, coltivata in molti paesi caldi (particolarmente in India, dove esistono decine di razze colturali), e scarsamente in Italia; può raggiungere alcuni decimetri di altezza, ha foglie polimorfe, fiori solitarî, ascellari, con corolla rosea o bianca, simile a quella della digitale, e frutto a capsula allungata, contenente numerosi semi, lunghi qualche millimetro, bianchi, rossastri o neri, utilizzati nell’alimentazione umana (pane, dolciumi, ecc.) e per l’estrazione dell’olio. b. Olio di s., liquido giallo, trasparente, inodoro, di sapore gradevole, ricavato dai semi del sesamo puliti, macinati e torchiati prima a freddo poi a caldo ed eventualmente estratti con solvente; è usato come olio commestibile, da solo o misto con olio di oliva, e anche (prima del 1992) come rivelatore nella fabbricazione di margarina, grassi idrogenati e olî di semi (v. sesamatura). 2. In senso fig., nella locuz. apriti, sesamo (o sesamo, apriti), formula magica (forse connessa, in origine, con la credenza in un potere magico posseduto dalle piante di sesamo), con la quale, in una novella delle Mille e una notte, Alì Babà apre la caverna miracolosa contenente un grande tesoro; si usa ripetere con allusione scherzosa a occasioni che danno luogo a successi singolari e improvvisi, a espedienti che risolvono, quasi magicamente, ogni difficoltà: ormai non mi aspettavo più niente, e poi apriti sesamo, mi hanno finalmente offerto quel lavoro; anche sostativato: il tuo arrivo è stato un apriti sesamo per noi!

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