se2
se2 cong. [lat. tardo se(d), incrocio di sī con quid «che cosa»] (radd. sint.). – 1. Con valore condizionale, ipotetico: a. Posto che, ammesso che, dandosi il caso che, e sim.; introduce proposizioni che esprimono una condizione, quelle cioè che, nel periodo ipotetico (v. ipotetico), costituiscono la protasi: resta pure qui, se preferisci; se me l’avesse detto, lo saprei; con negazione: se non vuoi altro, me ne vado; in frasi tipiche: se proprio lo vuoi sapere ...; se stesse in me, se dipendesse da me, ...; se non fosse per lui, non lo farei davvero; se non fosse che mi sei amico, sta’ pur certo che ...; ancor non sarei qui, se non fosse Che, possendo peccar, mi volsi a Dio (Dante). Rafforzato da avverbî o locuz. avverbiali: se poi ..., se per caso ..., se fosse ..., e sim. (se poi non ti piace, puoi sempre cambiarlo; se per caso lo incontrassi, salutamelo); frequente soprattutto con l’avv. mai, che conferisce maggiore vaghezza all’ipotesi: se mai ti capitasse di saperlo, avvisami; ricòrdati di questo, se mai ti venisse in mente di agire di testa tua; se mai cambiaste idea, ne potremmo riparlare; anche in grafia unita, semmai, spec. se con ellissi del verbo e per lo più come inciso, con uso avverbiale e con il sign. di «eventualmente»: semmai, fammelo sapere; o di «piuttosto» e sim.: siamo noi, semmai, che abbiamo bisogno di lui. Talvolta la cong. se introduce proposizioni che esprimono un’ipotesi soltanto formale; per es., in frasi enfatiche: che mi pigli un accidente, se non è vero; non lo venderei neanche se me lo pagassero a peso d’oro; o, più spesso, in incisi aggiunti per attenuare l’espressione, per modestia, per cortesia: oggi, se non sbaglio (se non erro, se non m’inganno), è giovedì; se ho ben capito, voi sareste disposti ad aiutarci; ma tu, se ben ricordo, dicevi che ...; anche lui, se proprio vogliamo, un po’ di colpa ce l’ha; se a te piace, volontier saprei Quanto avemo ad andar (Dante); se non disturbo, potrei ...?; cercate di fare meno chiasso, se possibile; e perché, se è lecito, dovrei andarci io? Manca quasi del tutto il valore ipotetico in frasi come: se Dio vuole, è andata bene; è finita, se Dio vuole, e sim., nelle quali l’espressione se Dio vuole equivale a un «finalmente», «grazie a Dio» e sim. b. Con sign. più specifico, in matematica si usa spesso per introdurre l’ipotesi di un teorema (se in un triangolo due lati sono uguali, allora sono uguali anche gli angoli opposti a essi); in logica matematica, la locuz. se ... allora corrisponde al connettivo implicazione; in matematica e in logica matematica si usano anche le locuz. se e solo se, se e soltanto se, che corrispondono al connettivo doppia implicazione (v. tavola, n. 4 b: tavola di verità). In informatica, compare talvolta nella descrizione di algoritmi per indicare in quali condizioni si devono eseguire determinate operazioni: se n > 10 allora passa all’istruzione successiva. c. Spesso, la proposizione introdotta da se ha un valore, più che condizionale, causale (poiché, dato che, dal momento che): se te lo dico, vuol dire che è così; e se lo sapevi, perché non me l’hai detto?; perché dovrei parlare, se non mi ascolti?; non posso certo aiutarti, se sono anche io nei guai. O, in qualche caso, temporale (col senso di «quando»): mugghia come fa mar per tempesta, Se da contrari venti è combattuto (Dante). Altre volte, si avvicina a un valore concessivo: se ha qualche torto verso di me, non per questo gli serbo rancore; ha funzione più chiaramente concessiva quando è accompagnato da anche (o neanche) o è seguito da pure: anche se me lo giurasse, non ci crederei; se anche cambiasse idea, ormai l’affare è deciso; non cederò, neanche se dovessi rimetterci tutto; si tenga i suoi quattrini, se pure sono suoi. V. inoltre sebbene e seppure. d. Preceduto da come, introduce proposizioni comparative ipotetiche (come se = quasi che): si comporta come se fosse lui il padrone; se l’è presa con me, come se la colpa fosse mia; faceva finta di cadere dalle nuvole, come se non ne avesse mai sentito parlare. Con questo sign., il verbo va sempre al congiuntivo. e. Nell’uso fam. e in frasi enfatiche, l’apodosi è spesso sottintesa: ma se lo sapevamo già!; se vedessi come s’è fatto grande!; se voi sapeste ...!; come, non era lui? ma se l’ho visto con i miei occhi!; minacciando: se ti sorprendo un’altra volta ...!; se t’acchiappo ...!; o, specialmente, esprimendo un desiderio: se solo mi lasciasse entrare ...!; se potessi vederlo almeno una volta ancora ...!, ecc. f. Valori particolari assume nei casi in cui è seguito da negazione con ellissi del verbo, nelle espressioni se no (anche in grafia unita: sennò), se non, se non altro; per es.: devo arrangiarmi in qualche modo, se no, come farei a vivere? (dove se no = altrimenti, diversamente, in caso contrario, e sim.; con questa accezione, e come inciso, se non è ant. e raro: Ditel costinci; se non, l’arco tiro, Dante); non può essere stato se non lui (= altri che lui); non ho taciuto se non per evitargli un dolore (= ho taciuto al solo scopo di ...); la cosa non è se non come io vi ho detto (= è proprio, è soltanto come io v’ho detto); devi ascoltarmi, se non altro perché ho più esperienza di te (= anche per il solo fatto che ...); non devi fare altro se non attendere i miei ordini (= tranne che, fuorché attendere ...); ho avuto, se non altro, questa soddisfazione (= se non ho potuto avere altro). Ormai rara la locuz. se non se, col secondo se pleonastico: non insisto se non se in quanto ho ragione. Per il partic. valore che ha la locuz. se non che, v. sennonché. g. Qualche volta, soprattutto in determinate espressioni, la cong. se è omessa: volesse, potrebbe sempre andarci (= se volesse, purché lo volesse); bruciava come avesse la febbre; lo fanno pagare tanto caro, neanche fosse d’oro!; ci verrei non foss’altro per fare un dispetto a lui (dove non foss’altro ha lo stesso senso di se non altro); eravamo piuttosto tranquilli non fosse stato per la luna e quel chiarore dell’acqua quando è calma e grigia (Arpino). 2. Come cong. dubitativa, introduce prop. dubitative o interrogative indirette: non so se devo crederti; mi chiedo se convenga o no accettare; dimmi se intendi continuare così; non so se, in una prossima occasione, mi comporterei ancora così; anche con un verbo all’infinito, quando sia sottinteso il verbo servile: sono incerto se andarci o no. Sono dubitative soltanto nella forma le proposizioni dipendenti da verbi come vedere, guardare, cercare, tentare e sim.: vedi se ti riesce di convincerlo; guarda se è possibile avere un posto migliore; cerca sotto la scrivania se c’è (o se trovi) la mia matita; prova se ce la fai; ho tentato se mi riusciva di estrarre il tappo con lo spago; e con sottinteso il verbo reggente: ogni cosa andava fiutando se forse trovasse dell’acqua (Boccaccio), dov’è sottinteso per vedere, per tentare e sim. In frasi enfatiche, la funzione dubitativa è soltanto formale: prova ad andarci e poi mi saprai dire se non è una bella distanza; non so se mi spiego!; talora equivale a come, quanto e sim.: lo so io se ce ne vuole di pazienza; puoi immaginare se ci rimasi male. Nell’uso fam., è talvolta taciuto, per più efficacia, il verbo reggente (che per lo più è: mi domandi, vuoi sapere o sim.): se è vero? Ma è verissimo; se sono contento? Altroché! 3. Sostantivato, con l’uno o con l’altro dei due sign. fondamentali, per indicare l’esistenza di qualche condizione, o per esprimere incertezza, esitazione: tutto va bene, ma c’è un se ...; con tutti i suoi se e i suoi ma, non decideremo mai niente; senza se e senza ma, incondizionatamente. ◆ Davanti a vocale, può avere l’elisione: Venite a noi parlar, s’altri nol niega (Dante); nel linguaggio corrente, però, l’elisione è molto rara, presente talvolta solo davanti a pron. personale: s’io, s’egli. Nella pronuncia, produce il rafforzamento della consonante semplice seguente: es. se tu 〈se ttu〉, se vuoi 〈se vvu̯òi〉; cfr. i composti sebbene, semmai, sennò, sennonché, seppure. Nel linguaggio poet. ant. si trova talora la forma eufonica sed, davanti a vocale: Sed ella non ti crede, Dì che domandi Amor (Dante); mi potrebbe, sed ella volesse, Guarir ’n un punto di tutto ’l mie male, sed ella pur «I’ t’odio» mi dicesse (Angiolieri).