scapolo
scàpolo agg. e s. m. [der. di scapolare3; propr. «libero da vincoli»]. – 1. a. ant. Sciolto da ogni vincolo, da ogni rapporto di dipendenza: lo licenziai come libero e s. da me (Cellini); quanto spazio nel mondo voi assegnate [al sole] per suo ricetto ed abitazione propria, nella quale ei resti s. e libero dall’altre stelle (Galilei). Con questo sign., la parola vive anche in qualche uso region.: per es., in Abruzzo, sono chiamati scapoli i pastori che per tutto l’anno sono liberi dall’obbligo della custodia degli animali. b. Celibe, non sposato: un uomo s.; restare s., conservarsi s.; più spesso come s. m.: è uno s. impenitente; fare vita da scapolo. Il corrispondente femminile di scapolo è nubile. 2. Nella terminologia marin., con due diverse accezioni: vogatore libero, imbarcato su una galea; oggetto libero nella sua manovra. 3. Nelle costruzioni civili, pietra grezza, angolosa e irregolare, avente dimensioni diverse a seconda dell’uso, impiegata in partic. per l’esecuzione di vespai di sottofondo di muri di fondazione, di riempimento, di rinfianco, ecc. ◆ Accr. scapolóne, uomo scapolo di una certa età; in tono scherz. è usato anche il femm. scapolóna, ragazza di una certa età ancora nubile, zitellona.