scapitare
v. intr. [der. del lat. caput nel sign. di «capitale3», col pref. s- (nel sign. 2); propr. «rimetterci del capitale»] (io scàpito, ecc.; aus. avere). – 1. Subire un danno economico o morale, rimetterci (è spesso unito alla particella ci, spec. quando non è seguito da compl. di limitazione con le prep. in o di): vendendo a prezzi così bassi ci scapito; a stare con certa gente si scapita in reputazione o si scapita di dignità; scapitò di molto per tali fatti la fama del pontefice Sisto (Muratori); con sign. più generico: a fare una buona azione non ci si scapita mai (Collodi). Per estens., risultare notevolmente inferiore, avere la peggio in un paragone: è una ragazza così bella che, a starle vicino, ci si scapita. 2. non com. a. Scadere d’importanza, venir trascurato, essere messo da parte: mio padre s’era ritirato dalle cose pubbliche, dedicandosi alla famiglia ed alle cure delle sue faccende domestiche, le quali, nelle vicende e nelle guerre degli anni scorsi avevano di molto scapitato (D’Azeglio). b. letter. Peggiorare: i progressi mi pareano lentissimi, e spesso mi parea anzi di s. che di migliorare (Alfieri).