scalpello
scalpèllo (pop. scarpèllo) s. m. [lat. scalpellum, propr. «coltello chirurgico», dim. di scalprum (der. di scalpĕre «intagliare, incidere»)]. – 1. a. Utensile impiegato nella lavorazione dei metalli, delle pietre, dei marmi, del legno, ecc., per l’asportazione di bave o di imperfezioni superficiali, usato anche per il taglio di barre e di lamiere: può essere costituito da una semplice barra di acciaio a sezione rettangolare che termina con una punta tagliente, o, nel caso dello s. da falegname, da una lunga lama dotata di tagliente rettilineo (se il tagliente è curvo viene detto sgorbia) la cui estremità si restringe e termina con un codolo e una ghiera che fissano la lama al manico, generalmente in legno o materiale plastico, dell’utensile. Un utensile analogo è lo s. pneumatico, azionato da aria compressa, che viene adoperato nella lavorazione dei bordi delle lamiere. b. In partic., lo scalpello usato dagli scultori (quindi, arte dello s., la scultura); per metonimia, lo scultore stesso: un valente, un abile s.; monili cui gemmano Effigïati Dei, Inclito studio di s. achei (Foscolo). 2. In chirurgia: a. Denominazione di strumenti aventi forma simile a quella del comune scalpello, usati nella chirurgia ossea. b. Nell’uso ant., conformemente al sign. originario del lat. scalpellum, il coltello chirurgico oggi detto comunem. bisturi. 3. Attrezzo di varia forma usato come utensile delle sonde nella perforazione dei pozzi petroliferi. ◆ Dim. scalpellétto; spreg. scalpellùccio; pegg. scalpellàccio.