rubare
v. tr. [dal germ. *raubôn]. – 1. a. Appropriarsi, impadronirsi con mezzi e in modi illeciti, di oggetti, valori e beni che appartengono ad altri; indica di norma un’azione compiuta senza ricorrere alla violenza, ma usando la destrezza e l’astuzia, il sotterfugio e l’inganno, di modo che il proprietario o altri non se ne accorga subito; non ha preciso significato giuridico, ma può comprendere varî reati come il furto, la truffa e la frode, il peculato e la prevaricazione, l’abigeato: nella ressa gli rubarono il portafoglio; i ladri hanno rubato tutti i gioielli e l’argenteria; il cassiere, in pochi mesi, ha rubato quasi 50.000 euro; i ragazzi, sorpresi dal contadino a r. l’uva nella vigna, scapparono a gambe levate; è la seconda volta che a quel pastore rubano le pecore di notte; non li rubo mica, io, i soldi!, per protestare contro richieste di denaro o spese eccessive. Con uso assol.: uno dei dieci comandamenti è: non rubare; r. sulla spesa, sul peso, sulla misura, alterando a proprio vantaggio il conto della spesa o il calcolo quantitativo della merce; con riferimento al modo o al movente dell’azione: r. a più non posso, r. a man salva, il più possibile; r. per bisogno, per vizio, per mestiere. Comuni i prov.: il diavolo insegna a r. ma non a nascondere, chi ruba, prima o poi, viene scoperto; tant’è ladro chi ruba che chi tiene il sacco; a casa del ladro non si ruba. Riferito, come soggetto, ad animali, portare via, sottrarre: il gatto ha rubato un pesce dal tegame; la gazza ruba gli oggetti che luccicano. b. ant. Portare via, prendere di forza, con violenza, qualcosa che appartiene ad altri: i pirati saraceni, nelle loro scorrerie, rubavano oggetti di valore, suppellettili e bestiame. È a volte ancora usato, anche in senso fig., con compl. oggetto di persona, con sign. simile a «rapire»: ha detto al cardinale che aveva fatto r. una povera innocente (Manzoni); la morte, o un male crudele, lo ha rubato all’affetto dei suoi cari. 2. fig. a. Prendere per sé, in modo illecito o comunque non corretto, quanto appartiene o spetta ad altri: rubare un’idea, un’invenzione o un’immagine, un’espressione di altri, farla passare per propria e utilizzarla come propria; r. la fidanzata a qualcuno, r. il marito a un’amica, r. a una madre l’affetto del figlio; r. il mestiere a qualcuno, mettersi a fare qualcosa che rientra nel mestiere e in genere nella competenza di altri (anche scherz.: sei troppo solerte! vuoi r. il mestiere al direttore?); r. il mestiere al boia, giustiziare, ammazzare di propria iniziativa qualcuno che si ritiene meritevole della pena capitale; r. lo stipendio, il pane, non meritarselo, guadagnarlo senza lavorare o lavorando poco e male. b. Con sign. più generico, senza alcuna idea di biasimo, prendere, utilizzare per sé o per proprî fini quanto dovrebbe o potrebbe anche avere un’utilizzazione o una destinazione diversa: r. del tempo, un’ora, dieci minuti a qualcuno, farglielo perdere o farselo dedicare (scusa se ti rubo qualche minuto, ma ho bisogno del tuo consiglio); r. le ore al sonno, al riposo, impiegare nel lavoro o in altre occupazioni parte del tempo normalmente destinato al sonno o al riposo; r. con gli occhi qualcosa o qualcuno, non com., guardarlo con vivo desiderio di averlo per sé. Con compl. oggetto di persona, volerla avere per sé, con sé: è un giovane molto simpatico, e le ragazze se lo rubano; i nonni fanno a gara a rubarsi il nipotino; le amiche si rubavano la sposa (Manzoni). Di uso com. l’espressione, spesso scherz., r. il cuore (a qualcuno), far innamorare di sé. c. Locuz. particolari: r. il vento, nel linguaggio marin., sottrarre parte dell’azione del vento a un’imbarcazione o a una nave a vela passandole vicino e sopravvento; nelle corse ippiche, r. le mosse, muoversi prima del segnale di partenza (anche, r. la volta, voltare prima del tempo); nel gergo dei cacciatori, r. le cartucce, riferito alla selvaggina, costituire un tiro molto difficile, che fa consumare inutilmente molte cartucce; r. un punto, dei punti, in varî giochi e sport, realizzare dei punti dovuti soltanto alla fortuna o al caso; r. la partita, vincerla o pareggiarla immeritatamente; r. un goal, segnarlo fortunosamente, o anche in modo irregolare, senza che l’arbitro si accorga del fallo; r. il tempo, nella musica e nel canto, condurre il movimento con una certa autonomia rispetto ai valori delle note (v. rubato). 3. ant. Con compl. ogg. della persona, derubare, spogliare rubando: corseggiando cominciò a costeggiare la Barberia, rubando ciascuno che meno poteva di lui (Boccaccio). ◆ Part. pass. rubato, anche come agg., che proviene da un furto o costituisce un furto: costa così poco perché è roba rubata; sono soldi rubati, quando il prezzo di qualche cosa è di molto superiore al suo valore; punto, goal rubato, dovuto più al caso che al merito; di uso ant., a tempo rubato, nei ritagli di tempo. Per un’accezione specifica in musica, v. la voce.