rompere. Finestra di approfondimento
Divisioni intenzionali - Vi sono molti modi di ridurre un tutto in più parti. Dividere implica un sezionamento ordinato e per lo più finalizzato, per es. alla spartizione tra più persone; in genere il taglio (o frattura e sim.) operato nel dividere è netto, non presenta sfrangiature, e il verbo fa riferimento soprattutto alle parti originate da un tutto, parti che hanno dimensioni non troppo irregolari né troppo diverse l’una dall’altra: divise la pasta in parti eque. Sinon. di dividere sono suddividere e i più formali frazionare,sezionare e il più specifico segmentare, incentrati soprattutto sulle parti che si ottengono, mentre ripartire e spartire accentuano la finalità dell’assegnazione delle varie parti a qualcuno: segmentare l’asse in tre parti; il terreno fu spartito in cinque appezzamenti. Se si divide in due parti uguali, è appropriato dimezzare o, più com., smezzare o fare a metà: dimezzare un’arancia. Tagliare implica l’impiego di un utensile (coltello, forbici e sim.) e la precisione del sezionamento: tagliai un pezzo di carta per incartare il grosso pacco. Assai diverso è invece tagliuzzare, ben più vicino a r. che a tagliare (benché implichi l’uso di forbici e sim.), poiché esprime l’operare piccoli tagli per lo più irregolari, non necessari e anzi spesso dannosi: giocando con le forbici mi ha tagliuzzato tutte le tende del soggiorno. Se il taglio dà origine a parti più lunghe (o larghe) che spesse è detto affettare, verbo usato soprattutto per sostanze alimentari solide e compatte (pane, torte, carni e sim.). Se si usa una sega, il verbo specifico è segare: segò tutti i rami dell’albero. Un taglio radicale e inflitto con violenza (volontaria o accidentale) è un mozzare o troncare, usato per lo più per tagli di parti del corpo: il filo d’acciaio gli ha mozzato le gambe. Separare e il più formale scindere hanno sign. per lo più fig. (separare o scindere i vari aspetti di una questione), anche se non mancano usi concreti come sinon. di dividere o, più spesso, di allontanare: è meglio separare le poltrone; scindere l’acqua dal vino.
Divisioni accidentali - R., invece, indica una divisione più irregolare e per lo più, ma non necessariamente, senza un fine: sono rimasto chiuso fuori e ho dovuto rompere un vetro per entrare. Si può rompere qualcosa senza danno (abbiamo rotto l’uovo di Pasqua e vi abbiamo trovato una bella sorpresa), anche se il più delle volte al verbo è associata una connotazione negativa, come mostrano molte espressioni pop. o volg. a indicare il disturbare: rompere le palle,le scatole ecc. L’atto del rompere è per lo più accidentale (a differenza di tutti gli altri verbi sopra cit.), come mostra anche l’uso frequente dell’intr. pron. con sogg. inanimato: la sveglia mi è caduta per terra e mi si è rotta. Prerogativa del rompere è quella di dividere ciò che sarebbe fatto per non essere diviso, a differenza dei verbi precedenti: una torta è fatta per essere affettata, un terreno può essere spartito, un premio suddiviso ecc., mentre un vaso, un vetro e sim. non dovrebbero essere rotti. R. allude anche all’atto di sciogliere un’amicizia o un rapporto sociale: ci conosciamo da anni, ma abbiamo rotto. In questo sign., suoi sinon. frequenti sono rompere i ponti e troncare.
Altre divisioni - Secondo i contesti, possono essere ora più vicini all’intenzionalità di dividere, ora all’accidentalità di rompere, i seguenti verbi: decomporre,disgregare,scomporre,smembrare,smontare, che designano tutti, con diverse sfumature, il ridurre in più parti un congegno o una struttura unitaria. Scomporre e il più formale decomporre indicano per lo più il ridurre qualcosa nelle sue componenti fondamentali: scomporre un puzzle, un articolo di giornale nei suoi nuclei informativi. Disgregare e smembrare, d’uso formale, hanno spesso connotazione negativa, indicando, spec. in senso estens. o fig., un rendere non coeso quanto invece dovrebbe esserlo: animo disposto a pensare e a sentire anche il contrario di ciò che poc’anzi pensava e sentiva, cioè a scomporre e a disgregare in me con assidue e spesso opposte riflessioni ogni formazione mentale e sentimentale (L. Pirandello); smembrare un gruppo, una nazione. Smontare, d’uso assai com., indica un fare in più pezzi, talora per il puro gusto di farlo, più spesso per riparare un guasto: i bambini smontarono tutti i giocattoli; il tecnico sta smontando il televisore. Guastare,sfasciare e il fam. scassare hanno invece soltanto la connotazione negativa di «mettere fuori uso»: m’hai sfasciato il computer. Intens. è distruggere.
Modi di rompere - Vari sinon. più specifici esprimono le modalità del rompere. Un sinon. quasi perfetto è fare a pezzi, che sottolinea però l’intenzionalità e l’effetto distruttivo della rottura: ha preso il mio orologio, l’ha buttato a terra, poi c’è saltato sopra per sfregio e l’ha letteralmente fatto a pezzi. Fare a pezzi qualcuno è un modo iperb. per indicare il percuoterlo fortemente, oppure il vincerlo in modo schiacciante: a tennis Giorgio mi fa sempre a pezzi. Benché derivi da pezzo,spezzare è assai diverso da fare a pezzi, poiché implica un minor grado di violenza (ma si vedano gli enunciati del tipo ti spezzo in due, ti spezzo le gambe, ecc., usati come minaccia fam.) e può anche essere del tutto privo di connotazioni negative: spezzare il pane. Spezzare (e spezzarsi), così come rompere (e rompersi), è anche frequente per indicare rotture di ossa, di parti del corpo, e ha come sinon. più appropriato fratturare (e fratturarsi): nell’incidente si è fratturato due costole. Frantumare vuol anche dire ridurre in piccoli pezzi, ovvero in frantumi, usato per lo più per rotture di vetri, ceramiche e sim.: il vaso è caduto e si è frantumato. Più formale è infrangere, frequente per lo più nel senso fig. di «rompere una relazione, un sentimento e sim.»: quello che hai detto ha infranto la nostra amicizia. Oppure è riferito al vetro o a pochi altri materiali: infrangere un bicchiere. Spezzettare è uno spezzare in piccole parti, anche estens. o fig.: il regista ha spezzettato troppo la scena. Spaccare esprime un maggior grado di decisione e di violenza, rispetto a spezzare, e di solito si riferisce a oggetti più solidi e difficili a rompersi: spaccare una noce. Così come spezzare, è talora un modo fam. di minacciare: ti spacco la faccia; oppure volg.: se non la pianti ti spacco il culo. Intens. è fracassare, che è uno spaccare rumorosamente: stanotte gli hanno fracassato la vetrina. Vari verbi, per lo più usati in ambito gastronomico, esprimono l’idea di rompere in pezzetti piccolissimi: sbriciolare e l’intens. polverizzare (ridurre in polvere) sono adatti a tutto ciò che si può ridurre in briciole (per lo più pane, biscotti e sim.), mentre tritare e triturare sono impiegati per lo più per carni, verdure e altri cibi, da passare entro appositi apparecchi. Sminuzzare, anch’esso frequente in ambito gastronomico, è però d’impiego più largo, anche per es. per carta, stoffa ecc.: sminuzzare vecchi quaderni. Strappare è riferito soprattutto a carta o stoffa, e indica non soltanto la rottura in pezzi irregolari, ma anche il crearsi di tagli che non comportano il completo distacco della parte: alzando il braccio, ho strappato la camicia. Sinon. di strappare sono sdrucire,sgarrare,squarciare e il più ricercato lacerare. Bucare è riferito soltanto a strappi tondeggianti e per lo più alle calze: con la sigaretta ha bucato la coperta; le scarpe nuove mi hanno bucato i calzini. Proprio per la componente che abbiamo definito accidentale, prevalente in r. e nei suoi sinon. (ovviamente, però, si può anche rompere qualcosa deliberatamente, anche se con minor premeditazione e attenzione rispetto a dividere,separare,tagliare ecc.), tutti questi verbi, con l’eccezione di fare a pezzi, sono frequentemente usati come intr. pron.: si sono sgarrati i pantaloni; la tovaglia si sta lacerando.