ritardare
v. intr. e tr. [lat. retardare, comp. di re- e tardare «tardare»]. – 1. intr. (aus. avere, e raram. anche essere se il soggetto è inanimato) Lo stesso che tardare: r. a rispondere, ad andare in ufficio. È usato soprattutto assol., nel senso di tardare a venire, a giungere, ecc.: anche oggi hai ritardato (di) mezz’ora; il treno ha (raro è) ritardato (di) due ore; oggi la posta ritarda; ma è esclus. nelle espressioni l’orologio, la sveglia ritarda, dà un’indicazione oraria inferiore al giusto (più com. va indietro). 2. tr. a. Rendere più lento, rallentare: r. il moto, la marcia, il cammino, diminuirne la velocità; nella musica, r. una nota, un passaggio, eseguirli rallentando il tempo; in chimica, r. un processo, una reazione, ritardare il loro effettuarsi con sostanze apposite (v. ritardante). Riferito a persone o cose in movimento: la gran folla lo ritardava; la nebbia avrà ritardato la corriera; quindi, far giungere in ritardo: scusami se arrivo solo ora, mi ha ritardato un seccatore con le sue chiacchiere. b. Di azioni, differirle a più tardi: r. l’esecuzione di un progetto, la consegna di un lavoro, il pagamento di una cambiale, la partenza; abbiamo ritardato la riunione, il pranzo, per aspettarti. ◆ Part. pres. ritardante, anche come agg. (v. la voce). ◆ Part. pass. ritardato, anche come agg., con sign. partic. (v. la voce).