riservare
(ant. reservare) v. tr. [dal lat. reservare, comp. di re- e servare «conservare»] (io risèrvo, ecc.). – 1. a. Tenere da parte, in serbo, per determinate persone, per particolari occasioni o necessità (v. anche riserbare): ho riservato questa bottiglia di brunello per mio padre; è un cognac di 50 anni, e va riservato per una grande festa; in usi iron.: riserva le tue facezie per un’occasione migliore. b. Conservare, tenere per sé o per una o più altre persone: riservarsi un diritto, una facoltà (riservarsi il diritto di decidere in un secondo momento, la facoltà di recedere da un impegno o di riesaminare il caso, e, per ellissi, riservarsi di decidere ..., di recedere ..., di riesaminare ..., o riservarsi la decisione, la recessione, il riesame). Non com., nel rifl., riservarsi per un’altra occasione, per una migliore opportunità, rinviare a quel momento un proprio intervento. Per l’espressione riservarsi la prognosi (i sanitari si sono riservata la prognosi), propria dell’uso corrente e giornalistico ma non medico, v. prognosi e riservato (n. 1 c). c. Destinare esclusivamente a sé o a una o più altre particolari persone: è il più anziano, in ufficio, e i lavori più facili e di soddisfazione se li riserva per sé; tutte le attenzioni, la madre, le riserva al figlio maggiore; farsi r., lo stesso che prenotare: farsi r. un tavolo al ristorante, una stanza in albergo, due poltrone a teatro, un posto in aereo; in usi iron.: tutti i lavori difficili sono riservati a me; non credevo che tu mi riservassi tante delusioni. Meno com. con l’oggetto della persona: r. una persona ad un incarico, ad una missione, ecc.; Ringraziando Natura e ’l dì ch’io nacqui, Che reservato m’ànno a tanto bene (Petrarca). 2. Ant., rifl., mostrarsi riservato, trattenersi: a gran pena si temperò in riservarsi di richiederlo ... (Boccaccio). ◆ Part. pass. riservato, anche come agg. (v. la voce).