riporre
ripórre (ant. ripónere) v. tr. [lat. repōnĕre, comp. di re- e pōnĕre «porre»] (coniug. come porre). – 1. a. Porre di nuovo, un’altra volta: ogni tanto mi riponeva un nuovo quesito; r. in dubbio una cosa; r. mano ai lavori; senza scoraggiarsi per la sconfitta, l’anno seguente ripose la propria candidatura. b. Porre una cosa, e più raram. una persona, nel luogo o nel posto da cui si era presa o tolta: consultato il dizionario, lo ripose nello scaffale; spesso si ripone il giocattolo per il solo gusto di ritrovarlo (Volponi); il nuovo direttore lo ha riposto a capo dell’ufficio pubbliche relazioni. 2. Porre una cosa in un luogo dove possa rimanere ben custodita e riparata: è venuto il caldo, bisogna r. nell’armadio i vestiti invernali; prese la busta dei documenti e si affrettò a riporla nel cassetto; si tolse gli occhiali e li ripose nell’astuccio; riponi la carne nel frigo; r. il fieno, dopo che è stato tagliato e asciugato. Quindi, di cosa e anche di persona, nasconderla: ripose il suo gruzzolo sotto il materasso; nel rifl.: in un bosco si ripuose in aguato (Boccaccio); andarsi a riporre, meno com. di andarsi a nascondere, negli usi fig. di questa locuz.: E vadinsi le ninfe a ripor tutte, Ché certo allato a questa sarien brutte (Pulci); anche come invito, serio o scherz., ad andarsene, a nascondersi per la vergogna, ecc.: hai fatto una figuraccia, vatti a riporre! In usi elevati, di sentimenti, porli in una persona o in un fatto con sicurezza e dedizione: aveva riposto tutto il suo affetto in quel figlio; non tradirò la fiducia che hai riposto in me; ripone ogni sua speranza in questa nuova cura, in quest’ultimo tentativo. ◆ Part. pass. ripósto, anche come agg. e s. m., con accezioni proprie (v. la voce).