rimedio
rimèdio (ant. remèdio) s. m. [dal lat. remedium, der. del tema di mederi «medicare, curare»]. – 1. Nome generico di ogni preparato medicinale, o cura medica, o altro mezzo, adoperati per combattere o alleviare le malattie: il chinino è un r. contro la malaria; per il raffreddore non c’è nessun r. specifico; il r. che ti ci vuole è un po’ di riposo; tentare tutti i r. possibili. Con riguardo all’utilità, all’uso, agli effetti: r. efficace, opportuno, pronto, sicuro, risolutivo; r. generale, se opera in tutto il corpo, locale, se solo in una parte; r. empirico; r. eroico, ogni farmaco che, somministrato per lo più parenteralmente in casi clinici assai gravi, esplichi un’azione terapeutica più o meno risolutiva, anche se non scevra di pericoli. 2. estens. a. Ogni mezzo che vale a impedire o a far cessare un danno, un inconveniente, a risolvere una situazione incresciosa, una questione intricata, una difficoltà: altro rimedio non avea ’l mio core Contra i fastidi onde la vita è piena (Petrarca); al quale ardore ... mi dà il cuore di trovare assai dolce e piacevole rimedio (Boccaccio); non saprei consigliarvi r. più sicuro per la vostra preoccupazione; bisogna porre (o mettere) assolutamente r. a questa situazione; quando le scarpe sono strette, non c’è r.; la sua pigrizia è proprio senza rimedio. In locuz. prov. (anche in senso proprio): un r. peggiore del male; a tutto c’è r. fuorché alla morte; a mali estremi, estremi rimedî; meno com.: dove non c’è r. il pianto è vano. b. Nel diritto processuale, ogni mezzo offerto dall’ordinamento per ottenere la modificazione di un provvedimento del giudice (ha quindi sign. affine a impugnazione). Nel diritto canonico, r. penale, mezzo penale perentorio (ammonizione, correzione, precetto, vigilanza) che l’autorità ecclesiastica usa per prevenire o impedire un delitto nel quale i fedeli si trovano in prossimo pericolo di cadere, o in altri casi. 3. Nel medioevo, la differenza in meno, di fino o di peso, consentita in confronto al valore legale delle monete, e quindi la quantità di oro o d’argento che le zecche erano autorizzate a trattenere a compenso del costo di monetazione o per le esigenze tecniche della coniazione. Oggi, la tolleranza consentita per le divergenze dalle caratteristiche fissate per legge, che si determinino, nel peso o nel titolo di una moneta, per difetti di fabbricazione. ◆ Spreg. rimediùccio, rimedio poco efficace.