rigettare
v. tr. [lat. reiectare, intens. di reicĕre (part. pass. reiectus) «gettare indietro, respingere», comp. di re- e iacĕre «gettare»] (io rigètto, ecc.). – 1. Gettare di nuovo: il lottatore riuscì a r. a terra l’avversario che s’era rialzato; prese la palla al balzo e la rigettò in aria; nel rifl.: si rigettò a terra. Anche (poco com.) con gli altri sign. di gettare; quindi, rifare un getto, una fusione, mettere nuovi germogli, versare nuovamente, ecc. 2. a. Gettare indietro o fuori, gettare a propria volta: raccolse la pietra che era stata scagliata contro di lui e la rigettò contro l’avversario; il mare rigettò a riva il corpo del naufrago; i rifiuti che il mare rigetta sulla spiaggia; gli assalitori furono rigettati dalle mura; r. l’assalto, l’impeto nemico. In senso fig., non volere accettare, accogliere o ricevere, sempre con l’idea di netta contrarietà e avversione o anche di disprezzo: r. una proposta, un consiglio, una preghiera, un metodo, un’opinione, un’idea; r. ogni consolazione, ogni compromesso; in diritto amministrativo e processuale, non accogliere: r. l’istanza di un privato; r. la domanda (nel giudizio di primo grado), l’appello (nel giudizio di secondo grado), il ricorso (nel giudizio di cassazione). In quasi tutti questi usi concorrono e sono più com. ributtare, respingere e solo in senso fig. rifiutare. b. In biologia e medicina, far fallire un trapianto (v. rigetto, n. 2 b): il paziente, o l’organismo, ha rigettato il rene artificiale. c. Rimandare fuori dalla bocca gli alimenti ingeriti (sinon. meno volg. di vomitare e meno elegante di rimettere): r. la colazione; ha rigettato tutto; con uso assol.: mi viene da rigettare.