ridondanza
(ant. redundanza e redundànzia) s. f. [dal lat. redundantia, der. di redundare «ridondare»]. – 1. L’essere ridondante; sovrabbondanza, copia eccessiva: fu prima un tumulto confuso e doloroso che mi riempiva il capo e il petto, una ridondanza di amarezza e di calore da soffocarmi (G. Cena); spec. con riguardo allo stile: r. di sinonimi, di metafore; c’è nella sua prosa una r. che infastidisce; la r. di elementi decorativi dell’arte barocca. 2. a. Nella tecnica, caratteristica posseduta da un impianto o da una apparecchiatura in cui, per aumentare l’affidabilità, si sono disposti più elementi in grado di svolgere una medesima funzione; in questo modo un guasto in un elemento non provoca il cattivo funzionamento dell’impianto o dell’apparecchiatura perché la particolare funzione può essere svolta da un altro elemento. b. Nella teoria della comunicazione, eccesso, in un messaggio, di elementi significativi e di informazioni rispetto allo stretto necessario per la corretta comprensione e la ricezione del messaggio stesso: si ricorre alla ridondanza, nelle telecomunicazioni, per aumentare la probabilità di un’esatta ricostruzione del messaggio anche in presenza di disturbi o rumori. c. In linguistica, mancanza di contenuto informativo specifico in uno o più elementi di un testo orale o scritto, per cui quegli elementi risultano superflui (o ridondanti). Nella critica letteraria, presenza, in un testo, di elementi stilisticamente ricercati che risultano esclusivamente formali ed esornativi.