estremo /e'strɛmo/ (ant. stremo) [dal lat. extremus, superl. di exter o extĕrus "che sta fuori", trattato anche in ital. come superl. di esterno]. - ■ agg. 1. [che è o rappresenta il momento ultimo, in [...] ] ≈ e ↔ [→ ESTREMITÀ (1. a)]. b. [parte finale, momento estremo, detto di esistenza, forza e sim.: a l'e. de la vita (Dante)] ≈ fine, limite, termine, ultimo, [di forze e sim.] stremo. 2. [punto ultimo oltre il quale non si può andare: l'e. della ...
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scempio¹ /'ʃempjo/ agg. [lat. simplus, var. di simplex "semplice" (influenzata da duplus "doppio" e anche dal gr. aploys "semplice")]. - 1. a. (ant.) [che non presenta raddoppiamento nel modo in cui è [...] realizzato, anche fig.: [il mio dubbio] Prima era s., e ora è fatto doppio (Dante)] ≈ semplice, singolo, unico. ↔ doppio. b. (gramm.) [di consonante e sim., che non presenta raddoppiamento nel modo in cui è articolata] ≈ semplice. ↔ geminato, intenso ...
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scernere /'ʃernere/ v. tr. [lat. excernĕre, der. di cernĕre "distinguere", col pref. ex-] (io scèrno, ecc.; pass. rem. scèrsi o scernéi o scernètti, ecc., tutti rari; part. pass. scernito, non com.), lett. [...] . b. [afferrare con la mente: quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo Convien che ne la mia lingua si scerna (Dante)] ≈ capire, comprendere, intendere. 2. [operare una distinzione, con la prep. da del secondo arg., anche fig.] ≈ e ↔ [→ SCEVERARE ...
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tuonare (meno com. o pop. tonare; ant. tronare) v. intr. [lat. tŏnare] (io tuòno, ecc.; le forme con -uo- sono oggi preferite anche fuori d'accento, con eccezione del part. pres., lett., tonante: tuonava, [...] ecc., anche nell'uso pop.; aus. avere). - 1. (lett.) [produrre il tuono: Parrebbe nube che squarciata tona (Dante)] ≈ (lett.) tonitruare. 2. (estens.) a. [produrre uno scoppio fragoroso: il cannone continuava a t.] ≈ rimbombare, strepitare. ‖ rombare ...
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legno /'leɲo/ s. m. [lat. lignum]. - 1. a. [materia prima ottenuta dai tronchi degli alberi, impiegata per lavori di falegnameria] ≈ [da ardere] legna, [da costruzione] legname. ● Espressioni (con suo [...] , mazza, randello. 2. (estens.) a. (poet.) [pianta perenne con fusto legnoso: L. è più sù che fu morso da Eva (Dante)] ≈ albero. b. (marin.) [imbarcazione mercantile con scafo di legno: l. da guerra; l. da trasporto] ≈ bastimento, nave, vascello. c ...
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lena /'lena/ s. f. [der. dell'ant. alenare "anelare"]. - 1. (ant.) [atto singolo o ripetuto del respirare, spec. se affannoso: come quei che con l. affannata, Uscito fuor del pelago a la riva ... (Dante)] [...] ≈ fiato, (fam.) fiatone, respiro. ▲ Locuz. prep.: fig., non com., a tutta lena ≈ a perdifiato, a più non posso. 2. (fig.) [volontà energica, spec. nell'affrontare la fatica: riprendere l.] ≈ energia, forza, ...
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tuttoché (o tutto che) [grafia unita di tutto che], ant. - ■ cong. [per introdurre prop. concessive con il verbo al cong.: Tutto che questa gente maladetta In vera perfezion già mai non vada, Di là più [...] che di qua essere aspetta (Dante)] ≈ anche se, (lett.) ancorché, benché, (ant.) conciosiacosaché, con tutto che, malgrado (che), nonostante che, per quanto, quantunque, sebbene. ■ avv. [indica che si è vicini a concludere qualcosa: e così dicendo fu ...
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carità s. f. [lat. carĭtas -atis, propr. "affetto, amore", der. di carus "caro"]. - 1. a. [disposizione a soccorrere chi ha bisogno del nostro aiuto materiale: mostrare c. verso i poveri] ≈ compassione, [...] ] ≈ cortesia, grazia, favore, piacere. ▲ Locuz. prep.: per carità ≈ per cortesia, per favore, per piacere. 3. (lett.) [sentimento amoroso, particolarm. verso i parenti o il proprio paese: c. di patria; la c. del natìo loco (Dante)] ≈ affetto, amore. ...
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carme s. m. [dal lat. carmen, dal tema di canĕre "cantare"]. - (crit.) [componimento poetico: cantor de' buccolici c. (Dante)] ≈ canto, lirica, poesia. ...
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Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ravenna, notte dal 13 al 14 settembre 1321). Della madre, che dovette morire presto, non sappiamo che il nome, Bella; il padre, Alighiero di Bellincione di Alighiero, morto intorno al 1283, apparteneva...
Dante
In tutta l'opera sua D. nomina sé stesso (e per la forma del nome, v. DURANTE) solo in Rime XCIII 1 (Io Dante a te che m'hai così chiamato, in un sonetto di risposta a un amico), e in Pg XXX 55, dove si fa rimproverare da Beatrice: Dante,...