restare
v. intr. [lat. restare, der. di stare] (io rèsto, ecc.; aus. essere). – 1. letter. a. Fermarsi, arrestarsi, non procedere oltre: Perch’io sia giunto forse alquanto tardo, Non t’incresca restare a parlar meco (Dante); Come uom che per terren dubio cavalca, Che va restando ad ogni passo e guarda (Petrarca). b. Cessare, smettere, con uso assol. o seguito da un infinito con di o da: La bufera infernal, che mai non resta (Dante); Non resterò già mai di lacrimare, Poi che sol pianto disia el mio core (Poliziano); una volta restò dal remare (Fogazzaro). 2. a. Trattenersi, rimanere per un certo tempo in un luogo: domani resterò in casa (o a casa) tutto il giorno; quanto tempo potrà r. con noi?; resto ancora un po’ dai miei zii; avrei preferito r. in campagna qualche giorno ancora; e nell’uso marin., riferendosi alla nave: r. all’ancora, all’ormeggio, in panna, in secco; com. l’espressione la cosa resti tra noi, di cosa detta in confidenza e che si vorrebbe rimanesse segreta. b. Sinon., spec. in usi region., del semplice stare, essere situato, posto o collocato, soprattutto per indicare la collocazione di un oggetto rispetto ad altri (con tale sign. è spesso usato anche rimanere): la credenza resta a sinistra di chi entra; dove resta il suo negozio?; la mia casa resta un po’ distante dal centro; la figura che resta dietro le altre, nello sfondo. Nel linguaggio marin., per indicare la posizione di un oggetto rispetto alla nave: il faro resta di prua, di poppa, al traverso, a sinistra. 3. a. Rimanere, seguitare a essere in un luogo dal quale altri vanno o sono andati via: tutti gli uomini validi erano al fronte, nella città restavano solo i vecchi, le donne, i bambini; chi resta in ufficio durante il mese d’agosto?; un’esitazione tra il fuggire e il r. (Manzoni); r. indietro, rispetto ad altre persone o ad altri veicoli che procedono più rapidamente (e, in senso fig., in un’attività: r. indietro negli studî, nello svolgimento del programma). In usi assol., sopravvivere, a confronto di persone che sono morte: la disgrazia non è per chi muore, ma per chi resta; Quest’ultima preghiera... Già non si fa per noi, ché non bisogna, Ma per color che dietro a noi restaro (Dante); in usi fig.: restare sulle proprie posizioni; malgrado le tue obiezioni, resto della mia idea. b. Avanzare, esserci ancora, di cose o parti ancora disponibili a confronto di altre che siano state sottratte, consumate, ecc.: è restato solo un quarto di vino; ci restano pochi soldi; prendi i biscotti che restano; nel magazzino è restata poca merce invenduta; mi è restato in bocca un cattivo sapore; di tanta grandezza non resta ormai che il ricordo; con riferimento all’operazione aritmetica della sottrazione: se togliamo cinque da sette, resta due; di spazio da percorrere: restano (da fare) ancora una ventina di chilometri; di tempo: restano pochi giorni alla fine della scuola; di azione che si deve ancora compiere: non ti resta da fare che questo; mi resta da leggere l’ultimo capitolo; non ci resta altro da dire; non resta che rimontare tutto e provare se funziona; resta a vedere se è vero, per esprimere forte dubbio. c. Nell’uso ant. o letter., per indicare la conseguenza logicamente necessaria di cose dette in precedenza (il lat. restat «resta» era formula d’uso nella scuola medievale per introdurre la conclusione di un ragionamento): Resta, se dividendo bene stimo, Che ’l mal che s’ama è del prossimo (Dante); non potendo mai di gran lunga essere soddisfatto di questo tuo desiderio, che è sommo, resta che tu non possi fuggire per nessun verso di non essere infelice (Leopardi). 4. Frequentissimo come verbo copulativo: a. Per indicare permanenza piuttosto lunga nello stato espresso dal complemento predicativo: durante il mese di agosto la biblioteca resta chiusa; è restato nascosto per tutto il tempo dell’occupazione; il testo dell’accordo resta segreto; r. a galla; r. diritto in sella; r. seduto, r. in piedi; resti comodo, si dice a chi fa cenno di alzarsi in piedi o di levarsi il cappello, invitandolo a restare seduto o a tenere in capo il cappello. b. Per indicare che lo stato espresso dal complemento predicativo (o da espressione avverbiale di analogo valore: r. stupito, r. di stucco) si considera come il risultato, la conseguenza, la conclusione necessaria di altri fatti, espressi o sottintesi: r. contento, soddisfatto, addolorato, deluso di qualche cosa; ve ne resterò grato; r. obbligato verso qualcuno; r. vedovo, orfano, debitore; r. morto, restò lì freddo, lungo disteso, morì; r. sul campo, di militari caduti in combattimento; r. male di qualche cosa, dolersene, offendersene; e lui come è restato?, quale impressione ne ha ricevuto?; r. a bocca aperta, per meraviglia; r. a bocca asciutta, a becco asciutto, senza bere o mangiare, e in genere senza vantaggio o profitto alcuno; r. a piedi, di chi ha perso il treno, l’autobus o un altro mezzo di trasporto; r. con un palmo di naso, deluso; r. di stucco, di sale, di sasso, per lo stupore; r. senza fiato; r. servito, non com., essere invitato a pranzo: fece avvertire ... i parenti che, all’indomani, a mezzogiorno, restassero serviti (così si diceva allora) di venir da lui (Manzoni); resta d’accordo, restare intesi, decidere qualche cosa d’accordo; anche assol.: allora restiamo così: il primo che sa qualche cosa avverte l’altro; si restò che sarebbe venuto a prendermi lui. 5. In musica, restare, didascalia usata nelle scritture per strumenti a corda allo scopo di prescrivere il mantenimento di una posizione quando possa sorgere il dubbio se si debba mantenerla o lasciarla. ◆ Part. pres. restante, anche come agg.: il denaro restante, la parte restante; per il fenomeno dei raggi restanti (o residui) in fisica, v. raggio, n. 3. Con valore di s. m.: per il restante del viaggio, dell’anno, ecc.; anche nell’uso contabile come sinon. di residuo. A Genova, in partic., era detto, come sost. e agg., delle paghe o rate di interessi del Banco di S. Giorgio, scadute ma ancora da pagare: Cartolario delle paghe restanti e Cartolario restante.