relegare
(ant. rilegare) v. tr. [dal lat. relegare, comp. di re- e legare (der. di lex legis), propr. «prendere una disposizione di legge; inviare»] (io rèlego, tu rèleghi, ecc.; ant. io relégo o rilégo, ecc.). – Condannare alla pena della relegazione, esiliare: Napoleone fu relegato a Sant’Elena; ha costei fuor degli estremi termini della terra in essilio perpetuo rilegata (Boccaccio). In usi estens. e fig., costringere qualcuno per qualsiasi motivo a vivere in un luogo fissato, solitario, per lo più angusto: gli impiegati di prima nomina sono spesso relegati in paesini senza risorse; vive tutto l’anno relegato al servizio del faro; allontanare dalla compagnia, lasciare solo e trascurato: l’hanno relegato in fondo alla tavola, in un angolo della sala, nell’ultimo banco dell’aula; r. una cosa in soffitta, metterla da parte tra le cose inutili. Nell’uso fam., al rifl., appartarsi, isolarsi: ama relegarsi per settimane nella sua casetta di montagna.