reduplicazione
reduplicazióne s. f. [dal lat. tardo reduplicatio -onis]. – L’azione di reduplicare, il fatto di venire reduplicato. Letter. e raro in usi generici, è specifico nella terminologia di due discipline: 1. In linguistica, ripetizione di uno stesso elemento lessicale, o anche di due elementi sinonimici o di significato affine, che può avere valore morfologico in quanto serve a formare parole nuove (cfr. latino quisquis) o locuzioni nuove (per es., latino iam iam) o a esprimere categorie grammaticali (superlativi, come in italiano piccino piccino, ovvero plurali, come in malese, sumero, ecc.), oppure può avere valore stilistico enfatico o affettivo (in ital. zitto zitto, ora ora, guarda guarda!, e grande e grosso, bello e buono, batti e ribatti), o ritmico-acustico (per es., correva correva, stringi stringi, in espressioni narrative o gnomiche, che sottolineano anche il prolungarsi o il ripetersi dell’azione). La reduplicazione può anche svolgere funzione semantica quando il secondo elemento ha la funzione aggettivale di limitare e precisare il valore del primo (per es., caffè caffè, cioè fatto con vero caffè e non con surrogati, ovvero caffè molto buono; rosso rosso, un rosso non tendente verso particolari sfumature; ecc.). 2. In biologia, sinon. di replicazione.