raggiare
(poet. ant. raiare) v. intr. e tr. [lat. radiare, der. di radius «raggio»] (io ràggio, ecc.; come intr., aus. avere). – 1. intr. a. Mandare, diffondere raggi, detto spec. del sole, della luna e delle stelle: Sotto l’ombra perpetüa, che mai Raggiar non lascia sole ivi né luna (Dante); fra i rami intricati e i folti tronchi A pena il sol vi raggia (Parini); i pianeti ... van raggiando Timidamente per l’aereo caos (Foscolo). Molto raram. riferito alla luce artificiale: le lampade raggiavano solitarie nelle strade deserte. b. estens. Risplendere: Vedi l’albor che per lo fummo raia (Dante); Raggia davanti all’uscio una gran pianta, Che fronde ha di smeraldo e pomi d’oro (Poliziano). E in usi fig.: vedea ... delle Dive Raggiar più bella l’immortal bellezza (Foscolo); la fiducia le raggiava da ogni atto, da ogni sguardo, e avvinceva (Pirandello); la luce della verità raggia, per quanto offuscata, anche nei tempi più oscuri. 2. intr., non com. Derivare a guisa di raggio: raia Da l’un, se si conosce, il cinque e ’l sei (Dante). 3. tr., poet. a. Spandere come raggi: Tanto splendore intorno e tanto lume Raggiava (Ariosto). b. Irradiare, illuminare. Nel Sol che raggia tutto nostro stuolo (Dante). ◆ Part. pres. raggiante, anche come agg. (v. la voce). ◆ Part. pass. raggiato, anche come agg., poet., irraggiato, luminoso: raggiato aere (D’Annunzio).