ragazzo
s. m. [dall’arabo raqqāṣ «fattorino, corriere», passato già nel lat. mediev. ragatius e varianti]. – 1. Chi è nell’età dell’adolescenza o della giovinezza (per il femm., ragazza, che ha anche usi e accezioni partic., v. la voce): un r. buono, cattivo, studioso, pigro, obbediente, disobbediente, educato, maleducato; è un r. che promette bene, male, che dà affidamento; un r. difficile, per carattere, che va quindi trattato con particolare delicatezza (per un sign. specifico in psicopedagogia, v. difficile); è un r. serio, poco serio, perbene, che dà molti pensieri (espressioni riferite a volte anche a giovani più maturi, così come nella locuz., ragazzo padre, coniata sull’esempio di ragazza madre, per designare, talora con tono scherz., un giovane padre celibe); da ragazzo o da ragazzi, nell’età in cui si è ragazzi: da r. era molto vivace, ma ora si è calmato (per città dei r., v. città, n. 1 c). Ragazzi di vita, espressione diffusasi con il romanzo così intitolato di P. P. Pasolini (1955), con cui vengono indicati i giovani che vivono in condizioni di emarginazione e sottosviluppo, soprattutto in grandi centri urbani, disponibili per rapporti omosessuali: un gruppo di ragazzi di vita delle borgate romane; per vivere, fa il r. di vita. Con usi e sign. particolari: a. Figlio (spec. al plur., che può anche indicare insieme figli e figlie): come stanno i suoi r.?; i r., la mattina, sono a scuola. b. Fidanzato, e più spesso, nell’uso odierno, l’amico, il giovane con cui si ha un particolare rapporto e interesse affettivo: avere, non avere il r.; m’ha voluto presentare il suo r.; il suo r. l’ha lasciata. c. In usi affettivi o scherz., può essere riferito anche a un adulto, e, al plur., ai componenti di un gruppo organico, come i membri di una classe, di una squadra, di un reparto: è un buon r., un bravo r., una brava persona; il tenente era molto affezionato ai suoi r.; più spesso nel vocativo: r. mio, gli affari vanno male; forza (coraggio), ragazzi!; arrivederci, ragazzi. In altri casi, riferito a persona adulta, vuol rilevarne il carattere o comportamento irriflessivo, impetuoso, leggero, la scarsa esperienza, l’incapacità di trattare faccende serie: sei proprio un r.; in quell’affare si è comportato da r.; via, non fare il ragazzo! 2. a. ant. Mozzo di stalla, o servitore in genere: non vidi già mai menare stregghia A r. aspettato dal segnorso [= dal suo signore] (Dante); con un cavaliere d’un conte paesano per fante si pose, tutte quelle cose faccendo che a fante o a ragazzo possono appartenere (Boccaccio). b. Nella marina mercantile, giovane mozzo (oggi detto più comunem. giovanotto), imbarcato su una nave mercantile per servizî secondarî o anche per istruzione professionale. c. Garzone, giovane aiutante: r. di bottega; il r. del lattaio, del panettiere. In aziende zootecniche, denominazione generica di lavoratori ausiliarî: r. di bovi, di maiali, di pecore. ◆ Dim. ragazzétto, ragazzino; non com. ragazz(u)òlo; spreg. ragazzùccio (che esprime compatimento); accr. ragazzóne (f. -a), ben sviluppato; scherz., anche di adulto, ingenuo o allegro: se posso tenere a bada, per questi pochi giorni, quel ragazzone, ho poi due mesi di respiro (Manzoni); pegg. ragazzàccio.