purgare
v. tr. [lat. pūrgare, der. di purus «puro»] (io purgo, tu purghi, ecc.). – 1. Liberare da impurità, da scorie, da elementi che insudiciano, alterano, corrompono; p. il sangue; p. filati, tessuti, con opportuni lavaggi; p. le pelli, prima della concia; p. un torrente per mezzo di canali di scolo; p. un campo dalle (o delle) erbacce. In gastronomia, eliminare con opportuni procedimenti dalle sostanze alimentari parti indigeste o sgradevoli, cattivi sapori o odori: p. la carne, tenendola immersa nell’acqua fredda addizionata d’aceto; p. la selvaggina; p. il cervello, le animelle; p. i rognoni, in acqua tiepida e aceto, perché perdano l’odore e il sapore di urina; p. le lumache, facendole spurgare; p. le melanzane, i cetrioli, spolverandoli di sale perché perdano l’acqua e parte del sapore amaro. 2. Liberare da un male fisico: p. i corpi dalla lebbra, da gravi infezioni; con questo sign. è ant., e comune solo con riferimento all’intestino, sottoporlo a cura depurativa provocando l’evacuazione mediante somministrazione di sostanze medicamentose (purganti): p. il corpo, il ventre, e per estens. p. un bambino, un malato; nel rifl., prendere un purgante e anche ottenere l’effetto della purga: hai mangiato troppo, ti farà bene purgarti; mi sono purgato e ora sto meglio. 3. fig. Emendare eliminando parti oscene, sconvenienti, da uno scritto, da un’opera a stampa, da un lavoro cinematografico, teatrale, e sim.: p. una raccolta di novelle erotiche, un film; anche, eliminare difetti, errori, imperfezioni: p. il proprio stile, il proprio linguaggio, la propria sintassi, la propria pronuncia, adeguandosi alla norma linguistica; p. un testo, emendandolo con intervento filologico. 4. fig. Liberare altri o sé stessi da colpe di natura morale, purificare: p. l’uomo da vizî, passioni; p. la propria coscienza; anche, con altro complemento, p. i peccati o le macchie di peccato; più com. nel rifl., purificarsi, mondarsi da colpe, da impurità morale: E canterò di quel secondo regno Dove l’umano spirito si purga E di salire al ciel diventa degno (Dante, con riferimento alle anime del purgatorio); purgarsi dalle (o delle) proprie malefatte. ◆ Part. pres. purgante, soprattutto nelle locuz. del linguaggio teologico: anime purganti, le anime che compiono la loro espiazione nel purgatorio; Chiesa purgante (contrapp. alla Chiesa trionfante), l’insieme delle anime del purgatorio in quanto comprese nel corpo mistico di Cristo e quindi nella Chiesa come società spirituale. Per l’uso come s. m., v. purgante. ◆ Part. pass. purgato, anche come agg., col sign. di depurato, liberato da impurità di vario genere, anche (ma non com.) di natura morale: l’anime delle donne non sono tanto purgate dalle passioni come quelle degli omini (B. Castiglione); più frequente con le accezioni del n. 3: lingua, prosa purgata, uno stile purgato, privi di errori, sottoposti a un accurato controllo (e così, disus., essere amante del purgato scrivere); anche riferito a chi scrive: un autore purgato; con altro sign., edizione purgata (di un’opera letteraria), liberata, per intervento del curatore, delle parti ritenute sconvenienti, oppure corretta da errori intervenuti in precedenti edizioni, da interpolazioni, contaminazioni e sim., e ricondotta a migliore lezione.