pubblicare
(ant. o letter. publicare) v. tr. [dal lat. publicare, der. di publĭcus «pubblico1»] (io pùbblico, tu pùbblichi, ecc.). – 1. Rendere pubblico, cioè noto a tutti, far conoscere pubblicamente, divulgare: p. fatti privati, riservati; p. una notizia, un segreto; p. un avviso, un decreto; p. una legge, un’ordinanza, un annuncio di matrimonio (v. pubblicazione); il papa ... mandò ancora 2000 scudi per sovvenire i vescovi indigenti, ordinando che si facesse senza avere rispetto che ciò fosse publicato (Sarpi), senza timore che la cosa fosse risaputa; siamo arrivati a distruggere le estreme barriere di una vita privata e personale considerata sacra, pubblicandola in tutti i modi (Alvaro). 2. Rendere di pubblico dominio per mezzo della stampa: p. un libro, una rivista, un settimanale, un giornale; il romanzo è stato pubblicato a puntate su una rivista; è una casa editrice che pubblica prevalentemente testi classici; i giornali hanno pubblicato impressionanti fotografie del disastro; spesso riferito, anziché all’editore, all’autore: vorrebbe p. le sue poesie; è uno scrittore che ha pubblicato poco; ha già pubblicato un volume di racconti; di tanto in tanto pubblica qualche articolo sui giornali. In partic., nel linguaggio della critica d’arte, rendere nota un’opera (o un gruppo di opere), precedentemente poco conosciuta o di cui si ignorava l’esistenza: p. una serie di affreschi, una tela, un gruppo di disegni. 3. ant. Espropriare un bene dichiarandolo di proprietà pubblica, confiscare: furono per tanto confinati tutti i Cerchi e i loro seguaci di parte bianca, intra i quali fu Dante poeta, e i loro beni publicati e le loro case disfatte (Machiavelli).