pronuncia
pronùncia (o pronùnzia) s. f. [der. di pronunciare (o pronunziare)] (pl. -ce, e rispettivam. -zie). – 1. a. Il fatto e il modo di realizzare i suoni o di leggere le lettere di una lingua, o di più lingue (v. ortoepia; ortografia). Con riguardo a singoli suoni: la p. dell’«u» francese, del «th» inglese; p. aspirata del «c» velare in Toscana (la cosiddetta «gorgia» toscana); con riguardo a singole lettere: la p. dell’«s» sorda, dell’«s» sonora; p. aperta, chiusa di una vocale. Più genericam.: regole di p.; p. esatta, corretta di un fonema, di una parola (in rapporto a determinate norme); indicare (o mettere, segnare) la p. di una parola, di una frase, mediante opportuna trascrizione fonetica; p. fiorentina o p. romana? (problema a lungo dibattuto in passato). b. L’insieme dei caratteri che qualificano sul piano articolatorio e auditivo la fonetica di un sistema linguistico (o la lingua individuale d’una persona): p. italiana, tedesca, inglese; p. genovese, siciliana; ha una p. settentrionale, meridionale; si capisce dalla p. che è straniero; ho sentito dalla p. che è un Veneto. c. Impostazione particolare del modo di parlare, sia come fatto fisiologico sia in rapporto a un uso che si considera come corretto: p. netta o nitida, chiara, spiccata, distinta; p. rapida, spedita, affrettata, lenta, impacciata, trascurata; ha una p. nasale, larga, stretta, dolce, aspra; ha una bella p., una p. perfetta, o una p. errata, difettosa; p. standard, quella, priva di particolari tratti fonetici o prosodici regionali e vernacolari, che cercano di acquisire soprattutto coloro che per professione parlano a un largo pubblico (per es., gli attori, i presentatori e giornalisti della radiotelevisione); avere un’ottima p. (spesso riferito a chi parla una lingua straniera); avere dei difetti di pronuncia. 2. Nel linguaggio giur., decisione del giudice: p. secondo diritto, secondo equità; in partic., la decisione contenuta in una sentenza: una p. della Cassazione; p. negativa, p. di proscioglimento.