profondare
v. tr. e intr. [der. di profondo] (io profóndo, ecc.), letter. – 1. tr. a. Far penetrare, cacciare o immergere a fondo: p. le radici nella terra, p. l’aratro nel solco; anche in senso fig.: l’uso del mondo, e l’esercizio de’ patimenti, sogliono come p. e sopire dentro a ciascuno di noi quel primo uomo che egli era (Leopardi). b. Rendere più profondo scavando: p. un fosso, un canale. 2. Come rifl. e intr. pron.: a. Andare a fondo, immergersi, anche parzialmente, in un liquido, nel mare e sim.; nell’uso poet. smarrirsi, perdersi nel fondo: la terra sfuma e si profonda Dentro la notte fulgida del cielo (Pascoli). b. Addentrarsi, penetrare profondamente, indagare a fondo: profondarsi nella meditazione, nella conoscenza della verità; appressando sé al suo disire, Nostro intelletto si profonda tanto, Che dietro la memoria non può ire (Dante); ho ... composto uno opuscolo «De principatibus», dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto (Machiavelli). 3. intr. (aus. essere) Sprofondare, cadere o rovinare nel fondo: la camera, dove lui era ... per vera virtù di Dio ... profondò (Cellini). ◆ Part. pass. profondato, anche come agg., nel sign. di affondato, o sprofondato, immerso: le costruzioni del corpo centrale, leggermente profondate in terra, non hanno finestre (A. Baldini); è immemore di tutto, ... profondato nel suo gaudio (D’Annunzio).