preterire
v. tr. e intr. [dal lat. praeterire, comp. di praeter «oltre» e ire «andare»] (io preterisco, tu preterisci, ecc.; part. pass. preterìto), letter. – 1. tr. a. Tralasciare, omettere, passare sotto silenzio (intenzionalmente o anche per dimenticanza): p. un nome, o la menzione di un nome; come imposto fummi Da chi può in me, non preterisco il vero (Ariosto). In partic., nel linguaggio giur. del passato, omettere nel testamento un soggetto avente diritto all’eredità: in questo caso, o altro simile, quando si desse, possa farsi questa sostituzione anche al pupillo preterito overo eseredato (De Luca); analogam., beni preteriti, quelli non compresi nella divisione fatta dal testatore. b. Trascurare di fare qualche cosa, e spec. ciò che sarebbe obbligo fare: invidiavamo la gente che poteva p. il lavoro (Fenoglio). c. Trasgredire, non osservare, non rispettare: p. un ordine, un patto. d. Superare, oltrepassare: non intendendo però de la sua innata onestà per nissun modo li termeni preterire (Masuccio Salernitano). 2. intr. (aus. avere). a. Omettere: l’intimità domestica non ti faccia mai p. dall’essere cortese co’ fratelli (Pellico). b. Venir meno, mancare a qualche cosa: Al mio giusto dover non preterisco (Goldoni). c. Passare, trascorrere: non ho lasciato p. otto giorni, e v’ho sempre scritto con la stessa regolarità (Foscolo).