preposizione
prepoṡizióne s. f. [dal lat. praepositio -onis (der. di praeponĕre «preporre», part. pass. praeposĭtus), che traduce il gr. πρόϑεσις]. – 1. Il fatto di preporre, di essere preposto a un compito, a un incarico, a una funzione; questo sign., etimologico e ant., è tuttora vivo nell’uso burocr.: p. a uffici, servizî o altre unità organiche ..., in leggi riguardanti l’assetto retributivo del personale civile e militare dello stato. Inoltre, nel linguaggio giur., p. institoria, atto con il quale l’institore (v.) viene preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale. 2. In grammatica, parte invariabile del discorso, costituita da una parola accessoria che, premessa a un nome, a un pronome o a una espressione nominale, serve a precisarne la funzione sintattica: p. proprie (di, a, da, in, con, per, su, tra e fra), che non hanno accento proprio ma sono proclitiche, e possono fondersi con l’articolo dando luogo alle p. articolate (v. oltre); p. improprie (per es., sopra, sotto, davanti, dietro, prima, dopo), che hanno accentazione propria, possono essere usate anche come avverbî (per es.: tu vai avanti: io verrò dopo) e non ammettono le forme articolate. La preposizione usata come primo elemento nella formazione di nomi e verbi composti assume la funzione e il nome di prefisso o prefissoide e di preverbio (v. queste voci). ◆ Si dicono p. articolate le parole risultanti dalla fusione di una preposizione semplice (a, da, di [de], in [ne], su) con le forme dell’articolo determinativo: al, allo, alla, ai, agli, alle; dal, dallo, ecc.; del, dello, ecc.; nel, nello, ecc. Per con e per c’è la tendenza, ormai generalizzata, a evitare, almeno nell’uso scritto, le forme composte: soltanto col e coi hanno ancora una certa frequenza, mentre sono rari i composti collo, colla, cogli, colle per con lo, con la, con gli, con le; delle forme composte con per, sopravvivono, sia pur raramente (e sentite come pedantesche) pel e pei, mentre sono abbandonate pello, pella, pegli, pelle. Le preposizioni articolate del, dello, ecc. si usano spesso, spec. nel linguaggio parlato, col valore di articoli partitivi: bevve del vino; portò del pane; e poi c’è degli imbrogli (Manzoni); si usano anche, non sempre bene, dopo altra preposizione: una cosa che durerà per degli anni; è andato a cena con degli amici. ◆ Per le preposizioni articolate è stata riadottata da alcuni scrittori dell’Ottocento e del primo Novecento, soprattutto sull’esempio del Carducci, la grafia staccata: de ’l per del; de lo per dello; ne la per nella e sim.; alcuni conservano nelle preposizioni composte con l’articolo i (ai, dei, ecc.) la forma apostrofata (a’, de’, ecc.), conforme alla pronuncia toscana, spec. davanti ad altro monosillabo che contenga un dittongo discendente: a’ suoi be’ dì (Carducci).