postumo
pòstumo agg. e s. m. [dal lat. postŭmus, der. di post «dopo», con valore di superl. («ultimo»); cfr. posteriore]. – 1. agg. Di figlio, nato dopo la morte del padre: per la legge il figlio p. è legittimo se nato entro trecento giorni dalla morte del padre. 2. agg. estens. a. Di opera letteraria, o musicale, edita dopo la morte dell’autore: opera, edizione p.; scritti p.; epistolario p.; il libro fu pubblicato postumo. b. Che si determina, si consegue, ha luogo e sim. dopo la morte della persona in questione: la celebrità gli venne p.; fama, gloria p.; onori postumi. c. non com. Che si compie in ritardo, quando il tempo utile o più opportuno è già trascorso: pensaci bene, a scanso di pentimenti p.; congratulazioni p.; anche di stato d’animo che si prova quando l’evento cui ci si riferisce è ormai passato: timori p.; preoccupazioni postume. d. Immagine p., in fisiologia, la sensazione visiva che, in particolari condizioni, si ha dopo la cessazione dello stimolo luminoso. 3. s. m. a. Nel linguaggio medico, qualsiasi alterazione temporanea o definitiva, anatomica o funzionale, che continui a sussistere come conseguenza e segno di una malattia passata, anche dopo la guarigione di questa; è usato soprattutto al plur.: i p. di una bronchite, di una pleurite; i p. della poliomielite, del tifo, dell’epatite virale. b. Per estens., conseguenza, seguito: i p. di una crisi economica, di una rivoluzione; scherz., smaltire i p. di una sbornia.