posticcio
postìccio agg. e s. m. [dall’ant. apposticcio, che è il lat. tardo appositicius, der. di apposĭtus, part. pass. di apponĕre «porre accanto»] (pl. f. -ce). – 1. a. Aggiunto o applicato dopo, o ad arte, allo scopo di imitare quello che non c’è, o non c’è più; quindi non naturale, artificiale, finto: barba p.; denti p.; riccioli p.; capelli p., finti, applicati per speciali acconciature, anche assol., posticci, e più spesso al sing.: mettersi un p.; in testa aveva un p. biondo co’ riccioli, ... e, su, un cappellino ritto come una cresta (Cicognani). b. agg. Provvisorio, che si può rimuovere rapidamente: una parete p.; un ponte, un palco posticcio. c. agg. In senso fig., artificioso, ambiguo, falso: una vita p.; atteggiamenti, sentimenti posticci. d. agg. Detto di nome, inventato, immaginario: nasconderò sotto nomi p. i nomi veri (E. Cecchi). 2. ant. In agraria, terra p., terreno p., terra di riporto, aggiunta ad altra terra, o anche trasportata in un luogo da alluvioni di fiumi o torrenti. Come s. m., terra (per lo più di riporto) dove si coltivano giovani piante destinate a esser trapiantate; vivaio. 3. ant. In marina: a. Remo p., remo che si aggiungeva a un altro, in modo che ce ne fossero due per banco. b. s. m. Il secondo degli uomini che, nelle galee, vogavano allo stesso remo, venendo dopo il vogavanti. In questo e nel seguente sign., fu in uso anche apposticcio. c. s. m. Nella costruzione delle galee, grande telaio di travi di legno, che correva a murata, da poppa a prua, al di sopra dell’orlo dello scafo, e sporgeva di circa 1,50 m, sostenuto da robuste mensole (baccalari): serviva di appoggio agli scalmi dei remi.