poco
pòco (tronc. po’ 〈pò〉) agg., pron. e avv. [lat. paucus] (pl. m. -chi). – 1. agg. Indica in genere quantità o numero limitato, scarso, e si contrappone direttamente a molto. Quindi, unito a un sost. sing., che è in piccola quantità, in piccola misura: a pranzo bevo p. vino; mi è rimasto p. denaro; la verdura va bollita in p. acqua; in questo periodo c’è p. lavoro; ha tratto p. giovamento dalla cura; è poca cosa, frase molto com. (spec. come espressione di modestia), con riferimento non solo alla quantità, ma anche spesso al pregio, al valore, all’importanza. Con sostantivi plur. (o collettivi), in piccolo numero: a teatro c’erano p. spettatori; ho visto p. gente; gli sono rimasti p. capelli; hai fatto pochissimi errori; mancano p. minuti alla partenza; fra p. mesi tutto sarà finito; riassumere in p. parole (assol., in p. parole, formula conclusiva di un discorso, con la quale si vuole sintetizzare quanto si è già detto); uomo di p. parole, che non parla molto, che bada più ai fatti che alle parole; p. discorsi!, p. chiacchiere!, risoluto invito a tagliar corto, a venire al dunque: p. chiacchiere, e ditemi a che punto è il lavoro. Con sost. astratti: ho p. fiducia in lui; sai che io ho p. pazienza; lo disse con p. convinzione. Avendo sign. generico, è spesso usato in sostituzione di aggettivi di senso più determinato; con riferimento all’intensità, equivale a debole, tenue e sim.: tira p. vento; è un cantante che ha p. voce; abbastanza frequente, anche nell’uso ant., con il sign. di piccolo, per quantità o per grandezza: un oggetto che si può avere con p. spesa; ho avuto quest’orologio a p. prezzo; P. favilla gran fiamma seconda (Dante); quanto p. numero (Leopardi); saldate ora dunque quel p. conticino (Manzoni); in altri casi, ha sign. analogo a breve (in senso spaziale o temporale), corto, stretto e sim.: c’è ancora p. strada, p. cammino; in p. tempo; in p. spazio; qui c’è p. posto; basta p. filo, ecc.; Quell’altro che ne’ fianchi è così poco (Dante), così magro, così esile. Anche insufficiente, inadeguato, oltre che scarso: ha p. forza, p. salute, p. memoria; ha sempre dimostrato p. volontà; mette p. impegno nello studio; qui c’è p. luce. Talvolta equivale in pratica a nessuno, rispetto al quale ha tono meno reciso: mi sei stato di p. aiuto; ne ho davvero p. voglia; ormai c’é p. speranza; con questo senso, anche in funzione di predicato: quest’anno il raccolto è stato p.; il compenso è troppo poco. 2. Con uso sostantivato o pronominale: a. Nel plur. masch., pochi uomini, poche persone: siamo in pochi; pochi farebbero altrettanto; pochi si presentarono alla chiamata; io, lui e p. altri; con un compl. partitivo: pochi di noi; pochi fra gli spettatori; per lo più scherzosa la frase pochi ma buoni (meno com. pochi e valenti, di reminiscenza manzoniana: «radunò i servitori che gli eran rimasti, pochi e valenti, come i versi di Torti», Pr. Sp. XXIX, 565). Anche al femm.: poche di voi; furono poche quelle che superarono la prova. Per ellissi del sostantivo, il plurale pochi significa spesso pochi soldi, pochi denari: credo che ne abbia pochi; deve campare con quei pochi della pensione; sono pochi ma sicuri; pochi, ma subito! (e, insistendo sull’urgenza: pochi, maledetti e subito!). Riferito a persone o a cose, nel prov. pop. molti pochi fanno un assai. b. Nel sing., con valore neutro, sottintendendo un sost. facilmente intuibile, per es. tempo, come nelle frasi: è p. che l’ho lasciato; starà p. a tornare; manca p. a mezzogiorno; mi fermo p.; ho dovuto aspettare p.; ogni bel gioco dura p. (prov.); e preceduto da prep.: è arrivato da p.; ne avrà ancora per p.; di qui a p.; torno fra p.; arrivederci a fra p.; a ogni p., di tanto in tanto, con molta frequenza; comunissima la locuz. avv. poco fa, qualche momento prima d’ora (l’ho incontrato p. fa; è stato qui p. fa, ecc.). Con altri nomi sottintesi: di qui alla casa c’è p. (spazio, cammino); ci corre p., propriam. c’è poca distanza, ma più com. fig., c’è poca differenza; costa p., vale p., ho speso p., si compra per p., c’è da ricavarne p., ecc. (prezzo, denaro); un oggetto, un regalo di p. (valore). c. Molto com. con i sign. precedenti la locuz. un poco (spec. nella forma tronca un po’), usata con riferimento al tempo: aspetterò ancora un p.; pensò un p. prima di rispondere; un altro p. e tutto sarebbe stato inutile (qualche volta equivale a «alquanto, abbastanza a lungo»: posso trattenermi qui un p.?; vorrei parlare un p. con te); allo spazio: si saliva un p. ogni giorno; spòstati un p. a destra; eravamo andati avanti un buon p., un bel p., un buon tratto; alla quantità: versamene un p. alla volta. Seguita da di partitivo: un p. di pane, di burro, di latte; con un p. di buona volontà ce la potresti fare (raro invece il partitivo quando il pronome non è preceduto da un, come, per es., nella locuz. letter. in poco d’ora, in breve tempo). d. Ha più esplicito valore pronominale quando significa genericamente «poche cose» o «piccola quantità»: oggi ho p. da fare; mi resta p. da dire sull’argomento; ne so p., molto p.; per quanto p. sappia (o anche, per p. che sappia), ne saprò sempre più di te; si contenta di p.; non te la prendere per così p.; ti pare p.?, vi pare p.? e sim., frasi usate per mettere in risalto il fatto che altri giudichino irrilevante l’importanza, il significato, il valore, che a noi sembra invece eccessivo, di qualcosa; scusa, scusate se è p., con riferimento a quello che si offre agli altri, che si mette a loro disposizione nei limiti dei proprî mezzi; più spesso in tono iron., per sottolineare richieste esagerate, esorbitanti: per il suo lavoro pretende oltre diecimila euro, e scusate se è p.; talvolta, più che alla qualità, si fa allusione al valore intrinseco e sostanziale: ho letto tutto l’articolo, ma ci ho trovato molto poco. Preceduto da articolo o da altra determinazione: il p. è meglio del nulla; gli basta il p. che possiede; ha lasciato al nipote quel p. che aveva; è abbastanza utile, per quel p. che può servire. e. Usi e locuz. particolari come pron. neutro: non è poco, è già abbastanza, ci si può accontentare e sim. (non è p. che l’abbia scampata; non sarà p. se potrà riavere il suo); ci vuol p., occorre poca fatica, basta un piccolo sforzo (ci vuol p. a tentare; ci vuole poco a chiederglielo); in altri casi, indica la facilità con cui può capitare qualche cosa, soprattutto di spiacevole (ci vuol p. a cadere, a rovinarsi); come inciso, a dir p., a far p., almeno (ci saranno, a dir p., ancora dieci chilometri; a far p., ne ricaverà venti o trentamila euro); sapere di p., aver poco sapore (questa frutta sa di p.) e, in senso fig., essere insignificante, non destare interesse (un romanzo, un film, una ragazza che sa di poco). In unione con il verbo mancare, e seguito da una negazione, indica che un determinato fatto era lì lì per verificarsi: mancò p. che non imbrogliasse anche noi; mancò p. che non finisse sotto il treno; al suon de’ detti sì pietosi e casti Poco mancò ch’io non rimasi in cielo (Petrarca); con lo stesso sign. la locuz. ant. poco men che (Orlando si sdegnò con Carlo Magno, E p. men che quivi non l’uccise, Pulci); ed è tuttora in uso la locuz. per poco non ...: per p. non ci cascavo anch’io; per p. non mi colpiva in testa; or pur mira Che per p. che teco non mi risso! (Dante), quasi quasi verrei a lite con te (col sign. di «quasi quasi» è oggi abbastanza viva la locuz. poco poco, nell’uso fam.: mi fece una tal rabbia che poco poco lo prendevo a schiaffi); senza la negazione, per poco, quasi: tutti stavano taciti e sospesi a ascoltare, e il re per p. più che gli altri (Boccaccio). C’è poco da, seguito da un infinito, espressione con cui si ordina o si invita seccamente qualcuno a non fare, o a smettere di fare, una data cosa: c’è p. da ridere, da scherzare, da fare lo spiritoso; in altro senso, con me c’è p. da discutere, non ammetto che si discutano le mie parole, i miei ordini. Come locuz. avv., a poco a poco, gradatamente; press’a poco o pressappoco (v. pressappoco). Con funzione aggettivale la locuz. da poco, di poco conto, di scarsa importanza: un lavoro, una faccenda da p.; un’indisposizione da p., che non dà eccessive preoccupazioni; riferita a persona, ha per lo più grafia unita e accezione partic. (v. dappoco). f. Valore aggettivale ha anche la locuz. invar. poco di buono, di dubbia moralità: io non me la sono mai detta con le persone poco di buono (Collodi); più usata come sost. invar. un poco di buono, una poco di buono, una persona poco raccomandabile, un cattivo soggetto: lui era un poco di buono, pare che si facesse mantenere dalle donne (Soldati). 3. avv. In piccola misura, in piccola quantità (o, con sign. più determinati, per breve tempo o spazio, scarsamente, debolmente, ecc.). Con verbi: mi piace p.; stanotte ho dormito p.; posso camminare p.; esce tanto p., assai di rado; il suo aiuto mi è servito p.; ci vede p.; ci sento p. da quest’orecchio; lo spettacolo dura p.; p. importa se lui non c’è; è un uomo p. stimato. Con aggettivi, ne attenua il significato o lo nega in parte: un vino p. buono; una soluzione p. saggia; un uomo p. istruito, p. educato, p. simpatico; l’ambiente è p. igienico; il suo ritorno mi pare p. probabile. Con la stessa funzione, preposto ad avverbî di qualità: sto p. bene; ci riesco p. facilmente; p. male! (soprattutto per obiettare che ciò che altri ci riferisce non costituisce poi un grande danno); con avverbî di qualità, di tempo, di luogo, equivale a «non molto»: p. più, p. meno; p. dopo, p. prima, poc’anzi (v.); p. lontano di qui; ant., p. stante, poco dopo (v. stante). Anche come avv. può essere preceduto da un (sei un p. strano; fatti un p. più in là), ma in tal caso è più frequente un po’ (v. oltre). 4. La forma tronca po’ è assai com. sia nell’uso fam. sia nell’uso letter., adoperata (mai come agg.) nei casi seguenti: a. In funzione di pronome, quando è determinato da quel (quel po’ che sa lo deve a me; ho mangiato io quel po’ ch’era rimasto) e spec. quando è preceduto dall’art. indeterminato un, con i sign. già noti: un po’ per uno non fa male a nessuno; s’è parlato un po’ di questo e un po’ di quello; mi fermerò un altro po’; ho atteso un po’ (e rafforzato: un bel po’); finalmente potrò stare un po’ in pace, ecc. Comunissimo con compl. partitivi: dammi un po’ d’acqua; metti un po’ d’olio, d’aceto; non ha un po’ d’educazione; dovresti avere un po’ di buon senso; ho avuto un po’ di paura; c’è un po’ di posto anche per te; non ho mai un po’ di tempo libero; cercavo un po’ d’ombra; c’è un po’ di malumore in giro; ho voluto assaggiare d’ogni cosa un po’; c’era un po’ di tutto; dammene un altro po’, ecc. Può avere valore partitivo anche quando è altrimenti determinato: quel po’ di roba che c’era se la son divisa fra loro; si crede chi sa chi per quel po’ di soldi che ha; conserva questo po’ di farina ch’è rimasta; per qualche po’ di tempo; comune nell’uso pop. la concordanza di questo e quello col sostantivo: quella po’ di roba; quei po’ di soldi. b. In funzione d’avverbio, sempre preceduto da un e con valore attenuativo; con verbi e locuz. verbali: m’ha fatto un po’ ridere; mi volevo un po’ divertire alle sue spalle; sono un po’ in collera con te; mi ha fatto stare un po’ in ansia; fa un po’ caldo qui dentro; davanti ad aggettivi: mi sento un po’ stanco; mi sembri un po’ pallido; è un ragazzo un po’ strano; con avverbî e locuz. avverbiali: un po’ più, un po’ meno; un po’ meglio, un po’ peggio; l’ho fatto un po’ alla svelta; temo che abbia preso la faccenda un po’ alla leggera, ecc. c. Un uso particolarissimo ha un po’ in frasi imperative o comunque contenenti un ordine, un invito, una richiesta, nelle quali ha talora valore attenuativo, talora invece ha tono di minaccia: vedi un po’ tu se ci riesci; mi dica un po’ cosa farebbe lei al mio posto; vieni un po’ qua; dimmi un po’: chi è che t’ha insegnato a rispondere così?; dica un po’ lei, sì, lei!; in altri casi esprime risentimento: senti un po’ che discorsi mi viene a fare!; in altri ancora equivale a un’esclamazione d’incoraggiamento: indovina un po’ che cosa t’ho portato; sentiamo un po’ ciò che vorresti; riferiscimi un po’ quello che hai visto (meno com. con quest’uso la forma poco: guarda un poco qui; dimmi un poco). d. Raddoppiato, po’ po’ indica, con tono di meraviglia o con enfasi, quantità o misura notevole: guarda che po’ po’ di sudiciume!; hai sentito che po’ po’ di sfacciataggine? 5. Osservazioni varie: a. Oltre che con pochissimo, il superlativo può essere espresso da molto poco, assai poco, troppo poco, dalla ripetizione poco poco e dalle locuz. men che poco, poco o nulla, poco o punto (cioè tanto poco che è quasi niente). Come energica negazione: né molto né p., né punto né p., niente affatto, in nessun modo, a nessun patto. b. Con la negazione, non poco costituisce litote, equivalendo a «molto, assai»: sono stato non p. in pena per te; ho dovuto sudare non poco. c. Con valore antifrastico, in qualche frase fam.: hai fatto un danno da poco!, assai grave; rompi pure, tanto, costa poco la roba oggi; e dico poco!, commento canzonatorio alle parole di chi esagera, di chi si vanta eccessivamente, e sim. d. Nell’uso ant. e pop., si ha talora la concordanza con il sost. anche quando poco è avv.: è poca bella; son poche buone; l’attrazione si può verificare anche se poco, per essere preceduto dall’articolo un (o da questo, quello) e seguito da un compl. partitivo, dovrebbe essere invariabile: la vuoi un poca di carne? (e così nel dim.: un pochina di carne la mangerò); per fare questa poca di spesa ho perso tutto il pomeriggio; quei pochi di quattrini che ha, deve tenerli di conto. Quando invece è usato come agg., si può avere l’attrazione sull’avverbio che precede: ne ha tanta poca voglia; i guadagni son troppi pochi. ◆ Dim. pochétto, pochettino, pochino, pochinino, tosc. pocolino, tutti con valore attenuativo. Il più com. è pochino, che ha la maggior varietà di usi: aspetta un pochino; sto un pochino meglio; vorrei riposarmi un pochino; è un po’ pochino, mi pare; ne guadagna un po’ pochini; come agg., riferito a persona, esile, gracile di corporatura: quella ragazza è così pochina!