piuttosto
piuttòsto avv. [comp. di più e dell’avv. tosto]. – 1. Nel sign. proprio, etimologico, più presto; in tale accezione, ormai fuori d’uso, si scrive preferibilmente in grafia staccata: il fuoco di sua natura più tosto nelle leggieri e morbide cose s’apprende, che nelle dure e più gravanti (Boccaccio). Da qui, nel linguaggio corrente, più facilmente, più spesso, più volentieri; serve a indicare che qualche cosa avviene o si sceglie a preferenza di altra dello stesso genere: in questa regione piove p. d’estate che d’inverno; non prendo la carne, vorrei p. del pesce; voglio p. essere infelice che piccolo, e soffrire p. che annoiarmi (Leopardi). Introduce spesso una comparazione tra due parti uguali del discorso (due aggettivi, due verbi, ecc.): sono zone in cui fa p. caldo che freddo; lo direi sfacciato p. che disinvolto; chiederebbe l’elemosina p. che rivolgersi a lui per aiuto; e in frasi ellittiche: non ci arrenderemo: p. morire; chiedergli scusa? mi farei p. licenziare. Preceduto da o equivale a «o meglio» e serve a introdurre un’ipotesi più probabile, un’espressione più propria a confronto di altra già espressa: verrà, o p. manderà qualcuno a rappresentarlo; dalla parte dalla quale io ti favello, è notte, come tu vedi, o p. non vedi (Leopardi). 2. Frequente, senza un secondo termine di paragone, nel sign. di «alquanto», «abbastanza»: fa p. freddo questa mattina; è un film p. interessante; una ragazza p. graziosa; spesso come espressione attenuata di giudizio spiacevole: l’esame è andato p. male; è stato p. maleducato con me; mi ha trattato p. male. 3. Improprio l’uso di piuttosto seguito da che con il sign. di «o», «oppure», per indicare un’alternativa.