pienezza
pienézza s. f. [der. di pieno1]. – 1. L’essere pieno, condizione di ciò che è pieno; raro in senso materiale (avvertire pienezza di stomaco, una fastidiosa sensazione di sazietà), è frequente in usi fig., con riferimento a ciò che si ritiene pieno, cioè completo, totale, o giunto al suo punto o grado massimo, alla sua massima attuazione: «Sciagurato!» gridò il padre Cristoforo, con una voce che aveva ripresa tutta l’antica p. e sonorità (Manzoni); nella p. del giorno, della stagione; essere, sentirsi nella p. della salute, delle proprie forze; riacquistare la p. delle proprie facoltà mentali; raggiungere la p. dell’essere, della perfezione, della beatitudine; contemplare Dio nella p. della sua gloria; occorre ristabilire la verità, in tutta la sua p.; la legge va interpretata nella p. del suo significato; in espressioni giuridiche, godere la p. dei proprî diritti, agire nella p. dei proprî poteri, nel pieno possesso, senza restrizioni o limitazioni; di sensazioni o sentimenti, massima intensità o profondità: assaporare la p. della gioia, una gioia piena, totale; desiderare il bene di qualcuno con p. di cuore, con tutto il proprio cuore. Con sign. particolare, nel linguaggio eccles., pienezza dei tempi, traduz. della frase (gr. τὸ πλήρωμα τοῦ χρόνου; lat. plenitudo temporis) che nell’epistolario paolino (Lett. ai Galati 4, 4) indica il tempo, fissato dall’eternità, in cui Dio ha ritenuto di mandare il Figlio in terra per redimere gli uomini: questo «tempo» con l’incarnazione e la morte del Cristo viene ad essere il punto centrale della storia umana. 2. Nell’architettura navale, rapporto fra l’area di una figura piana (per es. una linea d’acqua) e il rettangolo circoscritto, o anche fra il volume di un solido (per es. carena) e il parallelepipedo circoscritto, ecc.; è sinon., meno usato, di finezza.