piantare
v. tr. [lat. plantare; v. pianta]. – 1. Mettere nella terra un seme, un pollone, o altra parte di una pianta (anche una piantina giovane tolta da un semenzaio), perché attecchisca nel suolo, germogli e si sviluppi come nuovo esemplare di quella specie. Il verbo può avere come compl. ogg. l’elemento vegetale che si mette nella terra: p. un seme, una talea, un ramo; o la specie vegetale che in tal modo si riproduce: p. una vite, un gelso, un pero; p. cavoli, broccoli (più genericam.: p. un frutteto, una vigna); o il suolo in cui si pianta, destinandolo a una determinata coltivazione: p. un terreno a vigna, a frutteto, a gelsi, a meli, ecc. Con indicazione del modo: p. per semi (così dicendo, s’intende che ogni seme viene collocato in terra singolarmente; se invece il seme viene sparso, si usa piuttosto il verbo seminare); p. a buca, a fossa; p. a dimora, a quinconce, ecc. Fig., poet.: Amor co la man destra il lato manco M’aperse, e piantòvi entro in mezzo ’l core Un lauro verde (Petrarca: qui il lauro è allusivo all’amore per Laura). 2. estens. a. Conficcare qualche cosa nel terreno, nel muro o in altra superficie solida, in modo che una parte di essa ne sporga restandovi solidamente fissata con l’altra: p. in terra un palo, un’asta, un picchetto; p. un chiodo nel muro, nella roccia (per un uso fig., letter., di p. il chiodo, v. chiodo, n. 2 c; con altro sign., nella locuz. fam. p. un chiodo, p. chiodi, v. oltre, al n. 4); p. la bandiera sulla cima di una montagna; sempre come sinon. di ficcare, conficcare, riferito ad armi da taglio: gli piantò il pugnale nel petto; analogam., gli piantò le unghie nella carne, nel volto, graffiando con forza. Fig., p. gli occhi addosso (o in faccia) a qualcuno, guardarlo fissamente o con uno sguardo indagatore. b. Più genericam., appoggiare o collocare un oggetto, una struttura, un’attrezzatura sul terreno, fermandoli o assicurandoli in modo che vi rimangano immobili e saldi: p. i cannoni, le batterie sulla collina; p. un baraccone nella piazza; p. una tenda, o le tende, sul campo (fig., p. le tende in un luogo, stabilirvisi definitivamente o per lungo tempo: ha piantato le tende in casa nostra e non sembra avere intenzione di andarsene presto); o appoggiare con forza, con gesto risoluto: piantò il bastone a terra dicendo «non mi muovo di qui»; anche di oggetti che siano calcati su altre superfici: piantarsi il cappello in testa, piantarsi gli occhiali sul naso. Per estens., assestare con forza (un colpo, una percossa): gli piantò un pugno in pieno petto; gli piantò un potente calcio nel sedere. c. Con sign. più astratto, stabilire, istituire, o anche iniziare un’attività: p. casa in un luogo; p. un negozio, una fabbrica, un’impresa; p. una nuova comunità; p. una colonia; gli Inglesi hanno piantato numerose colonie di là dal mare (Algarotti). Con questa accezione, che fa riferimento al sign. agricolo del verbo, è oggi più com. impiantare; si conservano però nel linguaggio ecclesiastico espressioni specifiche come p. la Chiesa, p. una diocesi, p. una prefettura apostolica, un vicariato apostolico, costituire in terra di missione l’organizzazione ecclesiastica essenziale che include, insieme con i fedeli, un clero e una gerarchia indigeni. d. Nel rifl., piantarsi, fermarsi in un posto 0 davanti a qualcuno con aria risoluta e con l’atteggiamento di chi non si vuole spostare o non ha l’intenzione di andarsene: si piantò a gambe larghe in mezzo alla stanza; mi si piantò davanti impedendomi di passare; s’era piantato davanti alla porta insistendo per essere ricevuto; ormai s’è piantato in quell’ufficio e non sarà facile rimuoverlo; più genericam., collocarsi fermo: piantarsi di guardia, di sentinella. Nella locuz. piantarsi davanti, anche riferito ad animale o a un oggetto materiale che improvvisamente ostacoli il cammino o impedisca il passaggio. Più raram., come intr. pron., di cibo che rimanga indigesto: è stato un piatto troppo pesante per me, e mi s’è piantato sullo stomaco. Con sign. astratto, come sinon. (meno com.) di ficcarsi, di un pensiero, sentimento, ricordo, piantarsi nella mente, nella memoria, nel cuore, e sim.: quante volte al giorno l’immagine di quella donna veniva a cacciarsi d’improvviso nella sua mente, e si piantava lì, e non voleva muoversi (Manzoni); quando gli s’è piantata in testa un’idea, non gliela leva più nessuno. 3. a. Lasciare all’improvviso, abbandonare qualcuno o qualcosa allontanandosi bruscamente, e spesso scortesemente: s’è ricordato a un tratto che aveva un altro appuntamento, e m’ha piantato, o, più efficacemente, m’ha piantato in asso; l’impiegato mi rispose che non era compito suo dare informazioni e mi piantò lì; p. il negozio, p. il lavoro, allontanandosi dal posto o licenziandosi; in partic., troncare un rapporto, una relazione: p. gli amici; se ne andò via da casa piantando moglie e figli; «Scommetto che hai un ragazzo.» «Ce l’avevo. L’ho piantato. M’aveva messo le corna» (Melania Mazzucco); al passivo: è stato piantato dalla sua ragazza; fam., p. baracca e burattini, lasciare in tronco ogni cosa, abbandonare un’attività, un’impresa. b. Smettere di fare qualcosa, soprattutto nella locuz. fam. piantarla, con la indeterminato: vuoi piantarla di darmi fastidio?; perché non la pianti di fare il furbo?; sarebbe ora di piantarla con queste malignità; anche assol.: quando la pianterà, sarà sempre troppo tardi; e piantala!, invito irritato a smettere, a farla finita. 4. Altre locuz. fig., fam.: p. carote, raccontare frottole (v. anche piantacarote); andare a p. cavoli, ritirarsi a vita privata, appartarsi in solitudine campestre; p. un chiodo, p. chiodi, fare debiti, di solito senza pagarli; p. grane, p. una grana (v. grana1, n. 3, e piantagrane1). ◆ Part. pass. piantato, anche come agg. (v. la voce).